Sunday, December 22, 2013

Ascolta La presentazione di "TreeIT" a Ronciglione

Ascolta 
la presentazione pubblica del progetto TreeIT con brevi interventi di tutti i partecipanti



Che cosa "è" La grande Bellezza. Ovvero il Motivo di Paolo.





Ho letto buona parte delle recensioni disponibili in rete e ho fatto sondaggi con i miei amici su fb a proposito de "La Grande Bellezza", un capolavoro poco compreso, secondo me, del regista napoletano Paolo Sorrentino. Questa la chiave (1) che vi offro.

Thursday, December 19, 2013

Ascolta Un intervento sull'Eur e l'evoluzione storica della città

Al minuto 4.12 dopo il vicesindaco di Milano Antonino Saggio risponde alle domande della redazione di Radio 1 Rai "Baobab" nella trasmissione del 17 dicembre 2014. 

Ascolta, 8 minuti


Tuesday, December 10, 2013

TreeIT una installazione sistemica del gruppo nITro













Leggi un ottimo articolo sull'Installazione (Arcangelo Rociola, "Che futuro!")




Nella città di Ronciglione il 6, 7 e 8 Dicembre si è svolto il Cubo festival. Il centro antico della città sul lago di Vico ha visto installazioni, performance, eventi. In questa occasione il gruppo nITro è sceso letteralmente in piazza con un atto pubblico: quindi politico, quindi sociale. Ha esposto il lavoro dell’architetto Dario Pompei, redatto come Tesi di Laurea con il prof. Antonino Saggio a “Sapienza” e ha costruito attorno a questa presenza una azione che è stata spaziale, ambientale, tecnologica e appunto politica. Il progetto dimostra come si può affrontare la grave crisi dell'inquinamento da veleni che ha investito il lago di Vico. L'operazione è sistemica e prevede ad un tempo una riforestazione attiva, la decontaminazione e la bonifica e la creazione di percorsi pensili su passerelle in legno. Questi percorsi valorizzano questa zona delle pendici del lago creando delle micro architetture inserite nel contesto e consentono uno sviluppo compatibile con le vocazioni naturalistiche dell'area.


 L'installazione nel centro storico di Ronciglione costruisce al vero un pezzo dell'intero progetto con la realizzazione di una rampa passerella armoniosa e sfioccata in varie direzioni che dinamizza lo spazio e ne sottolinea le potenzialità. Lungo la rampa-passerella si realizzano più di cento alberi “sintetici”. Evocano l'operazione di progetto e allo stesso tempo rivelano che solo la presenza attiva della comunità può imporre una soluzione intelligente. Gli alberi infatti, attraverso l'attivazione di sensori di prossimità, si illuminano solo al passaggio delle persone (Movie) Sono muti, senza la volontà pubblica, ma si accendono quando questa volontà è presente.


Wednesday, December 04, 2013

Ben Van Berkel Al Maxxi di Roma



Come forse sapete il 5 dicembre si inaugura in preview l'importante installazione di UNStudio al MAXXI di Roma e il giorno seguente l'architetto Ben Van Berkel terrà sempre al MAXXI di Roma una lecture. Ne sono straordinariamente lieto perché Ben Van Berkel è il più rilevante architetto della generazione dei nati digitali, l'unico che ha fatto un capolavoro d'eccezione della architettura contemporanea.
Nell'occasione, vi allego il mio breve testo del catalogo della serie di Mostre "Nature" a cura di Pippo Ciorra, il cui numero 4 è dedicato a UNStudio e curato da Alessandro D'Onofrio. Il catalogo ha testi introduttivi dei curatori e dello stesso Van Berkel e una bella selezione di progetti recenti dello studio. Nell'occasione ecco alcuni link personali all'attività di Ben van Berkel e di UN Studio.

Il numero 8 "Il Progetto" che lo vede in copertina

Il volume di Antonello Marotta ne gli Architetti 

Il volume di Andrea Sollazzo ne La Rivoluzione Informatica Ita, Engl


Le pagine dedicate a UNStudio in "Architettura e modernità Dal Bauhaus alla rivoluzione Informatica"

Monday, December 02, 2013

Pubblicato Il Libro "Alessandro Anselmi Frammenti di Futuro"

Per celebrare l'inaugurazione della Mostra al MAXXI di Roma 
Alessandro Anselmi Figure e Frammenti
a cura di Valentino Anselmi e Valerio Palmieri


il libro 

Alessandro Anselmi Frammenti di Futuro


 è offerto via Lulu com per pochi giorni soltanto
In DownLoad GRATUITO nella versione Epub ! Link Gratis
e al 15% di sconto 
sia nella versione a colori euro 28,42 che nella versione in B/N 8.49 euro 




Il libro raccoglie testi e interventi preparati per la conferenza “Frammenti di Futuro” organizzata dal Dottorato di Ricerca in Architettura - Teorie e Progetto, coordinato dal Professor Antonino Saggio, in occasione del trigesimo della scomparsa di Alessandro Anselmi, avvenuta il 28 gennaio 2013.
Nella prima parte si ricorda Alessandro Anselmi, come architetto e come uomo, con le parole di prestigiosi colleghi ed amici che con lui hanno lavorato e condiviso difficoltà e speranze. Nella seconda parte sono proposti dodici frammenti redatti dai dottorandi che, attraverso la figura retorica della sineddoche, hanno reinterpretato alcuni aspetti dell'opera di Anselmi. Il volume riprende i quattro blocchi tematici con i quali è stata organizzata la giornata-incontro: “Disegno ed enigmi”, “Il vuoto”, “Visioni”, “Interruzioni”.
I dodici “frammenti” condividono la medesima struttura e sono stati resi pubblici già prima dell’incontro sul http://aboutalessandroanselmi.blogspot.it.
Contibuti di Franco Purini, Antonino Saggio, Lucio Altarelli, Maria Argenti, Valter Bordini, Francesco Cellini, Paolo Grassi, Francesco Montuori, Marcello Pazzaglini, Paolo Portoghesi, Pierluigi Serraino, Mario Spada, Valentino Anselmi, Valerio Palmieri e dei Dottorandi di ricerca in Architettura Teorie e Progetto Domenico Ferrara, Carla Molinari, Anna Riciputo, Eride Caramia, Gaetano De Francesco, Erika Maresca, Selena Anders, Rosetta Angelini, Leopoldo Russo Ceccotti, Stefano Bigiotti, Raphaela Papaléo Farias
a cura di Rosetta Angelini, Eride Caramia, Carla Molinari
Lulu.com

Wednesday, September 18, 2013

Settimana europea della mobilità sostenibile 14-22 settembre 2013

Anche la città di Roma, seguendo gli straordinari successi di città come Friburgo, Rotterdam e Lione ha lanciato la sua idea di mobilità sostenibile che sarà attuata nel prossimo biennio. Si tratta della Urban green line, una infrastruttura ecologica per Roma che crea un anello tranviario multifunzionale tra il parco di Centocelle e quello della Caffarella. L'infrastruttura è il volano per il recupero e la valorizzazione dei vuoti urbani abbandonati in questa parte di città. Ne daranno, ci si augura molto presto, l'annuncio ufficiale il presidente della Regione che già sponsorizzó il catalogo con la Provincia e il neo sindaco della città. Ingenti finanziamenti europei per la città sostenibile possono essere così attratti nella nostra Capitale grazie ad un progetto di ampio respiro: una infrastruttura ecologica tra passato e futuro.

Thursday, September 05, 2013

The Impact of IT Revolution in The Contemporary City" French, English, Italian


It has ben published in Francais, in English and in Italian my essay

"L’impact de la révolution informatique sur la ville contemporaine" in The international magazine "Le Carré bleu" n. 3 /2013, editor en chief Massimo Pica Ciamarra. From The link below is possibile to get all the issues of this prestigious magazine close to the cultural elaboration of Ciam and published since 1958. It is an invaulable support for Scholars and Students

http://www.lecarrebleu.eu/html_fra/00_annate/1958.htm

Monday, August 26, 2013

"La Stampa" lunedì 26 Agosto 2013

Quando la crisi è grande, la risposta espressiva deve essere adeguata. Leggete quindi , e complimenti al giornale per averla pubblicata.

Friday, August 16, 2013

Antico santuario

Paesaggio

Ficarra, la Madonna nera del Tindari e una bella scossetta


La combinazione di una serie di eventi mi ha portato al desiderio di scrivere questo post.
In ordine sono:
- la visita di due amici che sono alla ricerca delle tradizioni orali del sud d'Italia e dovevano assolutamente vedere la Madonna nera di Tindari (che è qui vicino).
- il ritrovamento di una foto di mio padre trentenne il cui sguardo ha colpito me e alcuni amici di FB.
- la scossetta di terremoto che ha avuto per epicentro proprio questa zona. E' stata prima dei fuochi d'artificio di questa notte che ci sono stati poi come al solito.

Tuesday, August 06, 2013

La mia InArch



Ricordo i sassi di Palazzo Taverna e il rumore dell'acqua della fontana. Pensate parcheggiavo dentro la corte la mia lambretta 50 attorno al '75.
Si saliva lo scalone e si apriva la porta. E c'era sempre Nicola De Risi, gentile, che tu ragazzo non capivi bene che ruolo avesse ma era rassicurante e protettivo e soprattutto amichevole. All'InArch vedevi tanti e tanti "grandi": brillanti, intelligenti. Ricordo la stagione di Nino Dardi, che era l'intelligenza e la brillantezza (e credo il fascino) impersonificata e che spaziava dall'arte all'architettura e che credo la dirigesse per un poco, e poi ricordo tanti altri. Ricordo il fermo e duro sir Denys Lasdun, ricordo tante e tante serate con gli italiani, con il barbuto Tafuri (non è vero che sono antitafuriano, anzi il mio lavoro senza l'enzima Tafuri non sarebbe per nulla quello che è -1-). Ricordo Argan e se mi sforzo anche molti altri. Si arrivava alle 21, cenati, e ci si sedeva, si fumava la pipa e si capiva che c'era un mondo più ricco di quello che frequentavamo a scuola. Dopo un poco imparai che bisognava soprattutto andare a sentire "le persone di cui non si sapeva nulla" Io di Soleri nel 1977 non sapevo nulla, ma quella conferenza di Soleri all'inArch, che roba!. Ho sempre pensato da allora che nomea omen (si è vero sono un poco partigiano) e ho sempre associato Soleri al sole, a quel sole dell'Arizona che lui sembrava catturare nelle sue architetture. Mio Dio, che scoperta. La più emozionante che io ricordi fu la conferenza di Ralph Erskine. Mai ho visto un uomo-architetto come Erskine. Dopo cinque minuti di traduzione simultanea, con classe e gentilezza indimenticabile, la bloccò e decise che l'avrebbe fatta lui, in italiano. Con dieci parole forse del suo italiano. Ma ci passò tutto quello che era importante. La passione della vita, del vivere,  delle persone; il fatto che l'architettura doveva essere felice, doveva incorporare la diversità, la gioia. Una lezione indimenticabile. 

Si può immaginare allora con quale trepidazione, pochi mesi dopo la laurea, in una occasione che credo riguardasse le "zone O" curata da Carlo Melograni con Piero Ostilio Rossi fummo invitati ad esporre! Luigi e me freschi di laurea potevamo far vedere il nostro progetto alla InArch!. Lo facemmo credo maniacalmente, ma non ricordo altro, null'altro. Alcuni anni dopo Zevi ordinò una mostra che si chiamava "La città Vuota" (2). O meglio invitò una serie di architetti in qualche modo a lui vicini, e me. Io di quel gruppo ero l'ala rigorista. Lontano dalla ricerca più vicina all'arte o  al "Linguaggio Moderno delle invarianti". Niente scomposizione quadrimensionale o elenco, anzi un pervicace, quasi feroce attaccamento ai temi pragmatici. Con mia moglie Donatella presentammo un progetto fatto a Carnegie-Mellon in cui avevamo lavorato tenacemente per mesi  "Una nuova casa americana" (perdendo il concorso, ma facendoci un libro) e montammo il tutto rigorosamente (3). Eravamo un poco dei pesci fuor d'acqua. Ma ricordo ancora il bel viso espressivo e radioso di Diambra Gatti, e i suoi begli occhi azzurri che disse a mia moglie che era sua stata sua allieva "Ma che bello, che giusto! questo progetto". La conobbi allora Diambra e ci siamo voluti veramente bene, e le voglio bene anche adesso dopo tanti anni che ormai non c'è più.
Nel 1989 ci fu la mia prima entré ufficiale. Ero un dottorando di ricerca, che però già al suo secondo anno di dottorato aveva pubblicato un libro nella serie stessa del Dipartimento. Una cosa incredibile e prestigiosissima, per un giovane. Era un libro maniacale su Louis Sauer, mio maestro americano e grandissimo progettista di Case basse ad alta densità nella città costruita. Organizzai una sua conferenza proprio all'inArch che era diretta allora da quella bella persona che è Franco Zagari. La conferenza fu organizzata alle 20 e durò sino alle 22 e rotte. In sala alle 21 e 30 circa arrivo il grandissimo Bruno Zevi che assistettè in piedi insieme ad un emergente architetto, polacco. Era Daniel Libeskind. Finita la nostra ci fu la presentazione di Zevi e di Daniel Libeskind. Pensate un poco. Io dovetti andare via perché ci trasferimmo tutti da me per celebrare quella di Louis che era venuto allposta dall’America. Ancora me ne dolgo, ma non potevo fare altrimenti o forse si. Errori di ragazzi.

Nel 90 o 91, quando da un poco collaboravo assiduamente a "Costruire" di Leonardo Fiori, che sempre ho stimato e sempre mi ha valorizzato in tutti i modi che poteva, scrissi un pezzo sull'InArch. Ma ero giovane e stavo sul concreto, mica mi potevo permettere questi "ricordi". Ma qualche cenno credo ci fosse, di quel bel clima. Negli anni successivi, ormai eravamo negli anni Novanta, partecipavo spesso. Capivo che sempre era il diverso da seguire. Ricordo una strana pomeridiana organizzata da De Masi che ne era diventato il presidente sulla medicina! Imparai moltissimo e capii molte cose sui "sistemi" che quà e là utilizzavo anche in contesto architettonico. Forse avrei scordato la serata infuocata su Bilbao, di cui ho ripreso il ricordo da Luigi. Una volta De Risi mi propose o io proposi a lui (?) una presentazione del mio Terragni ed Eisenman. De Risi volle una cosa meno saggiocentrica (tipo.. nuovi orizzonti della critica) e invitò renato Rizzi che aveva scritto un libro su EIsenman. Fu alla Scala santa. Organizzammo la serata con voci anche discordanti. Fu bella ed intensa a quanto ricordo. L'accoppiata Terragni-Eisenman era una piccola bomba in cui l'establishment architettonico cercava di rispondere, ma c'era poco da fare per la verità: erano così nuovi, cosiìinsopportabilemte belli e perfetti. Mi si poteva certo mettere nell'angolo universitario, ma nel frattempo mi inventavo una bomba atomica come "La rivoluzione Informatica in Architettura". E ricordo quando presentai Greg Lynn, non molta gente in sala, ma ricordo gli amici di "Gomorra" Antonino terranova e Paolo Desideri, che sapevano che bisognava andare dove non si conosce troppo.
Il mio salto ulteriore fu quando su invito di nuovo di Franco Zagari, tenni la mia prima "solo" conferenza: "Sette parole per domani" (4).  Vi rifluivano mixate e strettamente interconnesse una serie di esperienze stratificate. Dal mio insegnamento in situazioni estreme o per la richezza (come l'ETH di Zurigo) o per la difficoltà e la presunta marginalità come quella del Mozambico, i miei forti interessi per la storia, per la anlosi critica anche con i nuovi mezzi informatici ma anche le ragioni profonde dell'imprinting da cercare e rivendicare e l'idea che avevo assorbito da Erskine. "Architettura terapeutica" l'avevo chiamata ed era l'ultima parola per il futuro. In fondo se oggi ho cominciato questa collana "The Proactive revoltuion in Architecture" quello era il filo.
Si era a meta del 99 ed era il mio punto di maggiore vicinanza e di più fitta corssispondenza con Zevi e le mie lettere di allora e le sue erano così dense, così belle: un giorno chissà, chi vorrà le leggerà.

Ebbene in questo clima alla fine dell'anno mi arriva una telefonata. Zevi voleva vedermi perché aveva deciso di dare a Massimo Locci, a Luigi e a me la direzione scientifica di un grande nuovo convegno dell'InArch. Eravamo, credo che qualcuno ci chiamò così " i tre saggi". Andammo allo studio e discutemmo sul da farsi.

Si era a due anni da Modena, Zevi stava benissimo e voleva rilanciare con forza l'idea che l'InArch doveva essere un cuneo per incidere concretamente  nella società. Lavorammo con forza al programma noi tre a casa di Massimo e mettemmo su un programma con ospiti internazionali che raccontavano di prima mano le esperienze di rinnovamento delle loro città. Anche se con Luigi eravamo in freddo grazie a Massimo lavorammo benissimo e di comune accordo e mettemmo su un bel parterre sfruttando le conoscenze dirette e i contatti.
Zevi improvvisamente morì  l'11 gennaio del duemila. La conferenza  fu alla fine del mese. Fu vibrante e credo il punto più alto raggiunto da quando io frequentavo l'InArch di cui presidente era l'industriale, molto noto e potente Guzzini.
Nei mesi successivi dopo il convegno avevo mille angosce e preoccupazioni legate all'Universale di Architettura, stavo male anche fisicamente, e non seguì quello che bolliva in pentola. A metà giugno c'era l'elezione delle nuove cariche direttive e mi telefona un amico che mi dice: "Nino vieni, ti stanno tagliando fuori!." Andai a via di Ripetta e scoprii il sistema italiano della lista. Cioè si erano predeterminate tutte le cariche in una lista chiusa di undici nomi che era data a tutti i soci. Io non ero in lista (!) , ma siccome le persone mi videro, ottenni un alto numero di voti, ma ciascuno aveva tolto un nome diverso dalla lista e in questi casi è praticamente impossibile essere eletti: Voilà l'invenzione "democratica" della lista!  Vero, non me ne ero interessato per nulla, ma come dire perché estromettermi?

Poi capii che  la mia estromissione era strategica, soprattutto perché l'InArch, scomparso Zevi,  stava per aprire un fronte di corsi a pagamento che francamente mi avrebbe visto, anche in quanto professore universitario di ruolo che quelle corse insegnava e condivideva pubblicamente, contrario. Alla nascita del primo a pagamento protestai in dieci righe sul mio sito, che ebbero eco.
Non mi sono mai più iscritto all'InArch anche se sempre su invito di Franco Zagari e poi di Livio Sacchi vi tenni ogni quattro anni un'altra conferenza (V). Vi presentai le prime riviste web in Italia nel 2001 (5), e feci anche io alcune cose con l'InArch Sicilia. Alcuni amici che stimo, in particolare Massimo Pica Ciamarra e anche Massimo Locci, ogni tanto me ne riparlano ma non me la sono più sentita. Ogni tanto ci vado, ogni tanto parlo, quando mi fu chiesto entrai nel Comitato scientifico, necessario evidentemente per accreditare l'istituzione, ma dopo la prima riunione non siamo stati più chiamati. Concordo con il giudizio di Luigi: siamo troppo affezionati per sentirci lontani, la osserviamo con rispetto, ma soprattutto con nostalgia. 

Monday, August 05, 2013

Le riunioni alla Testo&Immagine e altro


Ricordo una volta, che siccome mi domandavo come mai un mio pezzo non usciva, scrissi direttamente al nuovo editore della rivista "l'Architettura". Zevi il giorno dopo tuonò: "Stai lontano dai miei editori!". Io invece mi mossi, anima candida, sempre al contrario: feci sempre di tutto per condividerli i miei editori.
In particolare con Luigi mi sforzai di inserirlo nel "sistema" della Testo&Immagine. Prima portandolo a cena con l'allora sconosciuto per lui Vittorio Viggiano, poi in ogni possibile occasione spendendomi per lui e anche per la sua idea di una collana di manuali e molto altro, ovviamente. Il mio ragionamento era: "Siccome questa è una casa editrice piccola, e siccome nel parco di Bruno Zevi non sono tutti grandi autori, se io lo rafforzo con elementi di qualità, tutti ne guadagnano: il pubblico, la casa editrice, la collana."

Friday, August 02, 2013

"Architettura e Modernità". Appunti sulla genesi del libro



Il libro di storia progettato insieme cui si riferisce Luigi Prestinenza Puglisi (1) fu ideato in un viaggio in aereo, al ritorno da una lunga ed intensa conferenza a Catania (che aveva tutta una prima parte su Terragni e un'altra sul Eisenman.. per chi la ricorda) Eravamo, ne sono quasi certo, nel dicembre del 1996.  Avevo pubblicato da poco Giuseppe Terragni Vita e opere, Laterza 1995, 4ed. 2011. Il libro aveva molti aspetti di novità anche di metodo e avevano fatto di tutto per bloccarlo, forse perché era ineccepibile filologicamente ma lontano dallo storicismo. Era anzi vibrante sia dal punto di vista della ricostruzione culturale e politica, che di quella architettonica.
Facemmo una decina di riunioni al mio dipartimento, per discutere molto intensamente di questo libro di storia a quattro mani, registrandole. Ricordo che Luigi in risposta a dei miei scritti esemplificativi mi disse "Nino sì, questo è geniale, deve essere dichiarativo!"
Qualche tempo dopo uscì This is Tomorrow che io avevo capito da lui e da Marro fosse una antologia. Era invece un libro a sua firma di quella che poteva essere una parte del libro comune. Negli anni successivi fece uscire gli altri due per comporre la sua trilogia di Storia. Io pubblicai il mio solo nel 2010 (2). Il titolo è Architettura e modernità Dal Bauhaus alla Rivoluzione Informatica e uscì con Carocci.  Giudicate voi: Da questo link si accede a materiale introduttivo in pdf e a molte recensioni.


(1) "AUTOBIOGRAFIA A-SCIENTIFICA (45): L’ultima cosa che decidemmo di fare con Nino Saggio, prima che i nostri rapporti si rompessero, fu una storia dell’architettura del 1900. Ne parlammo in un viaggio in aereo e buttammo giù anche uno schema per dividerla in libri ciascuno della durata di un decennio, ciascuno caratterizzato da una parola chiave. Ci fu anche il progetto di raccogliere i nostri scritti, specie quelli apparsi su Domus. Nino li collazionò in una bozza, ma la situazione precipitava. Avevamo litigato altre volte, e anche duramente, ma poi dopo qualche tempo i rapporti di amicizia e di collaborazione erano ripresi. Sapevamo del resto che eravamo come i ricci di Schopenhauer che quando stanno lontano si cercano e vicini si pungono. In questo caso giocava a sfavore il fatto che ambedue, non più in un gruppo ma individualmente, operavamo nello stesso campo: quello della critica. E quando il campo di azione si sovrappone il conflitto è inevitabile. Inoltre, devo dire, tutti quelli che potevano fare qualcosa per metterci contro, volontariamente o involontariamente, lo fecero. Compreso l’editore della Testo & Immagine -la casa editrice dove la nostra responsabilità, alla morte di Zevi, si era accresciuta- il quale, sia pure a fin di bene perché in fondo era una brava persona, sfruttò la rivalità per cercare di meglio gestire le sue collane. A distanza di tempo, non credo che questa rottura sia stata solo un male perché ha costretto ciascuno a mettere a punto un proprio percorso, anche se a me , e sono sicuro anche a Nino, ha pesato dal punto di vista umano. Entrambi abbiamo proseguito, ognuno per conto suo, il progetto della storia dell’ architettura del novecento. La mia strategia consisteva nel considerare il volume This is Tomorrow come il primo di una trilogia che esaminava il secolo attraverso tre avanguardie: la prima dal 1905 al 1933, la seconda che appunto con This is Tomorrow andava dal 1956 al 1976 e, infine la terza, che copriva i nostri giorni. E difatti nel 2001 uscì Silenziose Avanguardie che si occupava del terzo periodo e due anni dopo, nel 2003, Forme e Ombre, che si occupava del primo. A questo punto occorreva solo inserire un raccordo, che copriva il periodo dal 1934 al 1955, e la storia del 1900 era fatta. E così feci con la rapidità che ha sempre contraddistinto il mio lavoro, ma la Marsilio, che intanto era subentrata alla Testo& Immagine, mi tenne il testo appeso per anni. Questa però è un'altra storia istruttiva che vi racconterò tra una decina di puntate. (continua)." Luigi Prestinenza Puglisi su Face Book, 2 agosto 2013

2. 


Wednesday, July 31, 2013

Saltare oltre per mostrare agli altri che ciò è possibile e che c'è un mondo qui.


In "Introduzione alla Rivoluzione Informatica in architettura" (Carocci 2007) illustro che il punto è cercare di "costruire" il mondo ad immagine e somiglianza dello strumento (!). Il concetto è condensato nella parola reificare. La prospettiva non serve solo a vedere/pensare il mondo (1), ma a "costruire" il mondo per essere capito e abitato attraverso essa lei medesima prospettiva. La prospettiva è lo strumento che innesta la rivoluzione architettonica di Brunelleschi. Brunelleschi - inventa ! - una architettura nuovissima e rivoluzionaria per essere prospettivizzabile!. Mi sono soffermato su questo punto moltissime volte perché è cruciale e perché innesta l'idea fondamentale che "lo strumento" (lo chiamo così seguendo Alexander Koyrè, piuttosto che "forma simbolica"alla Panofsky) determina crisi, invece che soluzioni!! Anche lo strumento informatico è "fonte di crisi"ovviamente, quando ci si interroga non tanto su quanto esso serva a fare le cose che facevamo già, ma su che nuova idea di spazio e di architettura questo strumento potrebbe innestare.

Questa idea struttura la collana "La Rivoluzione Informatica" (ragazzi siate orgogliosi di leggere queste spiegazioni dirette e veloci in un blog o in un face book!) e si ritrova forte nell'ultimo capitolo di "Architettura e Modernità dal Bauhaus a La Rivoluzione Informatica" (Carocci 2010). Spero di non farvi girare la testa. Ma è esattamente questa questione che si ricollega con il tema del salto ripreso da Luigi Prestinenza Puglisi (2), come fatto della "nostra" generazione (francamente avrei dei dubbi su questo, certamente è un mio leit-motiv fortemente condiviso in alcune fasi della sua vita anche da lui, ma ... "dalla nostra generazione"? mi piacerebbe aver influenzato tutta la nostra generazione, ma credo che il mio lavoro su questo punto (crisi, informatica, salto, cambio di paradigma) abbia esercitato influenza certamente su di lui e forse su altri, ma non credo affatto che sia così generalizzato, magari!).

La disputa tra i continuisti e i discontinuisti della linea evolutiva... messa in evidenza da Aragona (3) può essere illuminante solo se si capisce che se non entra in gioco la crisi, la faccenda si impantana! Quello che determina uno scatto rispetto alla lenta evoluzione continuista è appunto una crisi, che obbliga a cambiare (anche se i tempi dei cambiamenti possono essere di diversa durata - ! ) (4)

 E' quindi la crisi che innesta la ricerca di una estetica di rottura e cambiamento, e una tensione alla modernità , .. una frase che da quando Bruno Zevi me la disse attraversa molti dei miei scritti e discorsi. Ripresa mille volte, ma sempre utile. E voglio dire con molta chiarezza, una volta per tutte, che se è certo che la frase mi fu detta da Zevi (e mai veramente da lui sviluppata) essa è diventata arma proprio nelle mani di chi scrive perché la crisi non è solo quella sociale o politica, ma spesso la è crisi data dall'arrivo di un nuovo strumento! L'informatica, appunto, è prima "crisi" che soluzione perché innesta  interrogazioni, e ricerca sul nuovo strumento!  E il problema non è affatto un problema di Linguaggio, è molto molto più ricco di implicazioni.

Ma pensate a un'opera come Blur! in quel caso l'informatica serve per fare le stanzette dell'alberghetto in Autocad copiando i lavandini, oppure innesta la domanda su che cosa vuol dire l'interattività, che tecnologia implica che nuova visione di architettura suggerisce, che cambio di paradigma innesta?

Riassumendo: si, procediamo per salti, non perché ci piace ma perché abbiamo il coraggio di interrogarci criticamente. Pochi se lo possono permettere e pochissimi con continuità. Questa interrogazione non è "soluzione" ma crisi, ed è faticosa e non ha approdi predeterminati. Una di queste fondamentali crisi è quella rivolta all'arrivo di nuovi strumenti. "Datemi una corda e costruirò" - "Lo strumento di Caravaggio" la esemplificano.


Note
 1. Alessandro Luigini: "Negli anni in cui questa rivoluzione ampiamente incompresa si compiva in termini maturi (i primi anni 2000) ho avuto la possibilità di studiare il fenomeno in modo, col senno del poi, molto approfondito e sperimentale, tanto che la mia tesi di laurea (sul rapporto tra architettura e cultura digitale) fu compresa solo dal mio relatore e dal mio correlatore... e negli anni a seguire (parliamo di 2009-10) portai ancora alcune tesi elaborate quasi 10 anni prima in un workshop per la scuola di dottorato del Politecnico di Torino, e le discussi con Marco Brizzi, Nino Saggio e una collega della Columbia University del quale ora mi sfugge il nome. La pervasività del digitale non è bilanciata da un'analoga pervasività del dibattito teorico che ne è seguito. Inoltre ti segnalo un mio scritto (credo introvabile, per cui te lo invierò via mail) sulle FORME SIMBOLICHE, in cui estendevo la visione di Panofsky all'ambito cartografico, in cui dimostro (anche o soprattutto grazie agli scritti di Egerton) che la scoperta dell'America sarebbe stata impossibile senza il processo che portò alla condifica della prospettiva rinascimentale. Rappresentare (in prospettiva dal 400 al 900, in digitale oggi) è una forma simbolica per vedere\pensare il Mondo. " post contenuto in: Luigi Prestinenza Puglisi Autobiografia scientifica 38 su Face Book il 31 luglio 2013

(2) "AUTOBIOGRAFIA A-SCIENTIFICA (38): l’idea che ha accompagnato la mia generazione è che la conoscenza proceda a salti. In realtà si tratta di una ipotesi che ha le sue origini nella filosofia neokantiana. E difatti uno dei libri che ha segnato la mia formazione è stato La prospettiva come forma simbolica di Erwin Panofsky, un saggio che spiegava come un certo modo di vedere lo spazio, quello prospettico appunto, non era affatto universale né tantomeno naturale e dipendeva da una cultura, cambiando la quale si sarebbero determinato un salto concettuale e nuove visioni del mondo. Sulla stessa idea di conoscenza per salti sono fondati i ragionamenti di altri filosofi e scienziati: si pensi per tutti ai concetti di episteme di Foucault o alla concezione dei paradigmi di Kuhn. L’ipotesi di lavoro dei libri Hyperachitettura e This is Tomorrow era conseguente a questo approccio: e cioè che la civiltà elettronica della quale siamo oggi pervasi potesse rappresentare uno di questi salti epocali. Da qui appunto l’idea di dividere il novecento in due periodi distinti, uno segnato dallo standard e dal meccanico, l’altro dalla ricerca della diversità e dai flussi immateriali e, soprattutto, il bisogno di individuare nell’architettura caratteri salienti che testimoniassero il salto. La ricerca del nuovo non era quindi determinata né dalle mode né da altri fattori estrinseci ma da un bisogno di capire in che modo la nostra società aveva e avrebbe reagito a trasformazioni epocali. Ovviamente con la consapevolezza che certi fenomeni avvengono non sull’onda corta della cronaca ma su quella lunga della storia. D’altra parte il cemento armato, per fare un esempio di una innovazione che ha agito sul modo di costruire, è stato inventato alla fine dell’ottocento ma i 5 punti dell’architettura moderna di Le Corbusier, che ne formalizzavano le conquiste , sono stati mesi a punto nella seconda metà degli anni venti, oltre cinquanta anni dopo. Se non si capisce il nesso tra cultura e ricadute architettoniche non credo si possa mai capire la passione con la quale certe scelte formali sono state da me e da altri critici sostenute e il perché abbia spesso fatto ricorso a vocaboli quali reazionario, tradizionalista, luddista contro gli avversari di queste tesi. Infatti, si parlava di forme ma, insieme e soprattutto, di concezioni del mondo. Quale è stato l’errore fatto? Che in un primo momento, ma solo in un primo momento, siamo caduti in un certo meccanicismo senza approfondire, per quanto sarebbe stato dovuto, il fatto che la storia non solo registra il cambiamento tecnologico ma se ne difende producendo cambiamento culturale. Per capirci e facendo un esempio. Oggi reputiamo che una risposta alla società delle macchine più intelligente sia stata quella elaborata da Wright, che attaccò i difetti della standardizzazione puntando alla natura ma senza esorcizzare la prima ( anzi ripensandola), invece che dal Klein e dai teorici dell’existenz minimum che erano succubi dell’ideologia del taylorismo e della catena di montaggio. E così non è detto che per la migliore risposta alla società dell’elettronica siano le sfogliatelle o i cavolfiori digitali di Greg Lynn ma potrebbero esserlo di più i ragionamenti sofisticai di un Herzog@de Meuron o di Diller@Scofidio o di Jean Nouvel o dello stesso Renzo Piano. Certo è che non ha senso, come invece hanno fatto altri critici, dichiarare che la nuova architettura sia ammalata di nuovismo e che le nuove forme, a questo punto, varrebbero esattamente tanto quanto le vecchie (continua)" Luigi Prestinenza Puglisi Autobiografia scientifica 38 su Face Book il 31 luglio 2013

(3) Guido Aragona salti o "equilibri punteggiati"? (rif.Gould Eldredge, poco dopo, 1972 http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_degli_equilibri_punteggiati e

 (4) La pittura per esempio è in genere molto più rapida dell'architettura, e a volte la letteratura e la poesia ancora più rapide della pittura. Ma non sempre è così. Per esempio la "crisi" della scoperta della prospettiva influenzò rapidissimamente la piccola enclave dove era nata e attraversò come un fulmine pittura architettura e scultura!

Tuesday, July 30, 2013

La nascita di HyperArchitettura, primo volume della collana "La rivoluzione informatica in Architettura"



Ho scritto in altre occasioni della nascita della Collana (1), ma incuriosito ed interessato dalla recente autobiografia di Luigi Prestinenza Puglisi (2) voglio raccontare nei dettagli la nascita del primo libro (3).
Ideata "La rivoluzione informatica in architettura" nel dicembre del 1996,  scelsi successivamente i primi cinque volumi. Iniziai con Gerhard Schmitt, guru dell'informatica, cattedratico di Caad a Zurigo e mio antico collega a Carnegie-Mellon, poi Maia Engeli del gruppo di docenti della cattedra di Schmitt, poi "Terragni Virtuale" di Galli e Mühlhoff che si basava sulla tesi di laurea che avevo guidato nel mio periodo di insegnamento a Zurigo, poi "Eisenman digitale". Il giovane Luca Galofaro mi aveva parlato del suo periodo a studio Eisenman e gli proposi questo saggio-racconto dal punto di vista del rapporto tra Eisenman e l'informatica. Riflettei a lungo sul quinto titolo. Zevi mi aveva in più ripreso sottolineato che non si poteva dirigere una collana e scrivervi allo stesso tempo, ma vi era lo stesso bisogno di un libro "quadro" che facesse capire perché con l'informatica cambiava il contesto stesso della ricerca architettonica.
Avevo da poco fatto il punto a proposito. Nel febbraio del 1997 Paola Coppola Pignatelli mi aveva invitato a fare una relazione ad un suo convegno e sostenni che non ci si doveva avvicinare all'informatica per via "tecnica" o "manualistica", come era allora d'abitudine, ma per una via concettuale, via un "pensiero" critico, via una sfida  estetica. Sembra ovvio, ma fu un punto importante. La mia relazione (era ancora con le diapositive) illustrava soprattutto alcune ricerche dell'arte concettuale per collegarle ad alcuni principi dell'informatica..  per esempio la discontinuità, il salto, la metafora. Non la faccio lunga.

Alla fine, dopo averci a lungo pensato mi venne l'idea: "Sì, Luigi questo lo può fare".
Ne avevo sempre ammirato anche l'ampiezza  della cultura e sapevo della sue sterminate e appassionate letture filosofiche (lo ricordo giovanissimo che digeriva anche astrusi volumi di estetica che si producevano non lontano dalla nostra cantina-studio). Ma questa competenza aveva avuto poche ricadute pratiche (forse una o due recensioni) e per me era un autentico "spreco". Presi la decisione e gli dissi qualcosa del tipo: "Luigi fa tu questo libro sull'informatica e lo spazio, nella mia nuova  collana. Ma deve essere un libro che vede il discorso in chiave di riflessione 'alta', di riflessione profonda. E poi devi assolutamente far comprendere non solo il mondo della filosofia, ma anche quello della ricerca artistica."
Alla fine di febbraio del 1997 partii per una lunga missione di insegnamento all'estero, in Mozambico dove per farmi capire avevo inventato un insegnamento per parole chiave,  che in realtà una volte spiegate richiamavano una profondità di pensiero, di ragioni e di modalità operative. Anche il mio libro su Gehry era impostato cosí: Assemblare.. Spaziare.. Fondere..

Prima di partire consegnai a Luigi una pila di libri della storia dell'arte Moderna di Russoli (bellissimi), perché volevo stimolarlo e indirizzarlo il più possibile. Per me era una grossa scommessa: Luigi non aveva, forse mai, menzionato prima nei suoi scritti la parola Informatica o Caad, non aveva  partecipato né conosceva tutto quel filone, quelle ricerche  pionieristiche dei convegni dell'insegnamento con il Computer, né tanto meno aveva  insegnato Caad. Ma siccome io non volevo un libro tecnicistico, ma un libro quadro, Luigi era secondo me la persona migliore che io conoscessi e di cui avevo stima per fare il libro. Inoltre si compiva con la proposta un mio progetto personale e amicale, quello di tirarlo fuori dalle secche della manualistica, del professionismo e della politica per farlo approdare compiutamente nel campo in cui la sua intelligenza poteva brillare, quello della scrittura architettonica. Naturalmente avevo anche un forte interesse personale, fare il libro migliore possibile per lanciare al menglio la mia "sezione" come si chiamava in quella fase e rafforzare la universale di Architettura con autori di qualità.

Vidi il libro in prima stesura in autunno e mi piacque (!). Luigi aveva sviluppato quello che mi premeva come direttore di collana e anche molte cose che ci si passano l'uno con l'altro senza neanche dirle. Aveva delle parti molto belle ... da Wittgenstein a  Duchamp che poi diventò una sua specie di mania.
Condividevo le tre parole fondamentali che ne segnavano la struttura e che erano sviluppate con grande ricchezza e brillantezza. Il libro funzionava, ma secondo me aveva bisogno di qualcosa di più vicino anche al dibattito architettonico e soprattutto aveva bisogno di un grande personaggio che esemplificasse la ricerca di una nuova architettura via l'informatica. Era Toyo Ito secondo me la chiave di volta, e gli diedi il numero di "El Croquis". Luigi,  molto colto e informato, non lo conosceva  (ed è preciso anche su questo piccolo dettaglio) e ci si buttò al solito a capofitto: lo capi a fondo, comprò tutto il disponibile,  e lo inserì alla fine del capitolo introduttivo. Il primo capitolo del libro era così denso e pieno di frizzanti riferimenti. Non ero d'accordo su tutto, in particolare il Centro Pompidou per me è l'ultimo edificio del mondo industriale piuttosto che il primo dell'informatica, ma non faceva nulla, il capitolo andava bene e rendeva secondo me il libro migliore.

Lavorò con attenzione agli apparati. Innanzitutto al "Per Approfondire" che avevo inventato quando era senza biblioteca in Africa,  e già utilizzato nei miei libri precedenti per dare profondità anche bibliografica senza appesantire il testo e poi a un sistema di impaginazione delle immagini  come una sorta di tavola a tema. Questi pagine sono stupende nel libro, riguardarle per credere. Luigi cercò il meglio e addirittura tagliò i libri e le riviste per dare all'editore le migliori riproduzioni possibili  e venne un sabato mattina di dicembredel 1997  nell'aula grande del mio dipartimento a Valle Giulia e io li fotografai in diapositiva in due copie. Avevamo entrambi più di quaranta anni, ma ne avevamo fatti di lavori insieme e non ci preoccupava certo questo.
Rilessi ancora tutto,  ma non funzionava perfettamente. Esisteva un pubblico di specialisti di informatica, i miei colleghi architetti come Peter Anders, Greg Lynn, Lars Spuybroek eccetera che non avrebbero capito forse come questo libro di arte e filosofia potesse dire qualcosa di importante nell'informatica. Bisognava centrarlo di più (almeno dal mio punto di vista). Ora se Luigi dice che questo libro è il suo più bello, "Hyperachitettura" è  non solo la prima ma certamente la mia più bella Prefazione (ne ho scritte una quarantina..), soprattutto centra alcune questioni chiave. Misi questo testo, come Postfazione (4) e il testo divenne anche, come apparirà via via sempre più chiaro, il programma stesso della collana. Volevo dire e far capire come l'Informatica fosse qualcosa di completamente nuovo, come l'interattività ne fosse l'elemento saliente e soprattutto che questa interattività dal campo informatico si doveva trasferire in una indispensabile caratteristica della nuova architettura. Per dire tutto questo, inventai la parola "HyperArchitettura" e il libro stesso si chiamò, a questo punto,  come la postfazione, HyperArchitettura (e quello che era il titolo originale "Spazi dell'età dell'elettronica", diventò il sotto titolo).
Tutto quello che ha scritto Luigi Prestinenza Puglisi su questo libro nella sua autobiografia è bello, ma immagino che per qualche lontano fan del libro e della collana che mi scriveva alla email con cui firmavo le mie prefazioni, una visione stereoscopica sia migliore di una monoculare, o no? Alla fine i libri vanno comunque per la loro strada e incrociano autonomamente le idee e le vite dei lettori.
Alla fine ricordo una foto: feci chiamare Luigi dal portiere al palazzo dell'Eur e gli regalai, credo, il libro che avevo appena comprato in edicola. Ci fu fatta una foto. L'ho perso quello scatto.

1.
"L'idea della collana mi è venuta nel novembre del 1996. A quel tempo era stata appena pubblicata la mia monografia Peter Eisenman. Trivellazioni nel futuro e stavo completando quella su Frank Gehry Architetture Residuali. I libri erano collocati all'interno della collana di tascabili Universale di Architettura (stampata dalla Testo&Immagine di Torino) e diretta da Bruno Zevi. Conoscevo Zevi dal 1976, ero stato suo allievo per molti anni, avevo già pubblicato libri e articoli nelle sue collane e riviste e intrattenevo con lui una fitta corrispondenza. Insomma era il mio maestro. I tascabili dell’Universale di Architettura, uscivano mensilmente anche in edicola, erano molto ben fatti tecnicamente con buona carta e foto a colori, avevano un prezzo contenuto e stavano scuotendo il sonnecchioso dibattito culturale italiano. Erano il frutto di una sua lunga e appassionata battaglia verso la comunicazione.

In questa fase venne da me l'editore della Testo&Immagne (l'ing. Vittorio Viggiano) per offrirmi maggiori responsabilità editoriali rispetto al mio abituale ruolo di autore (anche se di successo).

Io non volevo fare alcunché che mi mettesse in conflitto con il mio maestro Bruno Zevi. Decisi allora di proporre un nuovo fronte di libri che trattassero il rapporto tra informatica e architettura con l’approccio "Strutturale, Culturale e Formale" che ho descritto. Insomma non libri tecnici ma libri che aprissero un fronte di dibattito intellettuale sul rapporto tra informatica e architettura." Continua a leggere qui: "Talking about the Revolution", Intervista a Antonino Saggio di Fredy Massad and Alicia Guerrero Yeste "Il Progetto" #9, gennaio 2001.

2. "AUTOBIOGRAFIA A-SCIENTIFICA (35): il libro migliore che abbia scritto è HyperArchitettura uscito nel 1998 quando avevo quarantadue anni. Me lo aveva commissionato Nino per iniziare la collana della Rivoluzione informatica. Mi trovavo in un momento difficile. L’anno prima il medico curante di mia zia Letizia mi aveva telefonato per chiedermi di andare a trovarlo. Mi comunicò , senza giri di parole, che a zia rimanevano un paio di mesi di vita. Così fu: morì di lì a poco in una clinica chiedendo in siciliano, lei che aveva una magnifica padronanza della lingua italiana, a sua madre di portarle dell’acqua. Era febbraio 1997.
L’idea del libro mi venne a fine agosto ( dell'anno successivo o di quell'anno?) mentre mi trovavo in aereo, un posto che favorisce i pensieri, forse per la pressurizzazione della cabina. Dovevo scrivere un testo giocato su tre piani: uno accessibile, uno più approfondito e un terzo destinato a chi ne avesse le chiavi di lettura e che andasse dritto alle questioni per me più importanti. La struttura era semplice. Tre parole: proiezione, mutazione, simulazione. Per fortuna il viaggio era lungo. Mi diede modo di riempire di appunti alcuni menù mentre mia moglie mi guardava con la faccia di chi sa che ogni tanto queste cose – strabuzzo gli occhi, mi astraggo e scrivo compulsivamente - mi prendono ma non sono gravi.
L’idea me la aveva suggerita Baudrillard ma prima di quel viaggio non ci avevo fatto caso: tutto è scambio, scambiamo le parole con le cose, e le cose tra loro, e le parole tra loro in un processo circolare e senza fine. Affinché lo scambio avvenga, gli oggetti diventano uno metafora dell’altro e lo strumento privilegiato della metafora è la proiezione: quella di Wittgenstein del Tractatus, quella delirante e multidimensionale (2D-3D-4D) di Duchamp del grande vetro, quella degli archetipi di Jung, quella delle tavole di verità della logica simbolica che si proiettano su circuiti elettrici dei computer. Sino a quella della macchina che ti fa la TAC in clinica e dei PC che ricorrono all’immagine della finestra o delle cartelle. Il mondo, per un attimo, mi appariva chiaro ( e fui felice qualche anno dopo quando vidi che a una conclusione simile era arrivato Paul Feyerabend, nel suo libro postumo sulla conquista dell’abondanza). E mi appariva ugualmente chiaro che il passo dalla proiezione alla mutazione era immediato e dalla mutazione alla simulazione non maggiore. Beh, adesso è troppo lungo da spiegare. La faccio breve: avevo trovato come nell’età dell’elettronica l’architettura potesse essere spazializzazione di pensiero e come oltretutto, ciò ci desse le chiavi per meglio comprendere il passato dell’architettura e del pensiero.
Tornato a Roma misi a posto la bozza e la mandai a Nino. Il quale credo sia rimasto un po’ male. Troppo astratta. Parlavo di cose che apparivano in fondo laterali all’architettura: Jung, Wittgenstein, Duchamp, Borges, l’arte concettuale. Mi chiese con delicatezza di allungare il teso aggiungendo un capitolo di attualità e mi suggerì di andarmi a vedere Toyo Ito. Cosa che feci con piacere anche se sapevo che in questo modo il terzo livello del testo sarebbe diventato ancora più difficile da percepire. Feci iniziare l’età dell’elettronica con il centro Pompidou. Aggiunsi, infine, una dedica a Antonio Prestinenza, Nellina Prestinenza Puglisi e Letizia Puglisi, ma anche questa con il suo gioco di nomi e di connotazioni esistenziali è incomprensibile a chi non mi conosce. E, infine, cercai di accennare alla mia concezione del tempo – il tempo che lascia rovine e la volontà di non farci travolgere- con una citazione di Kettering, che però mi rendo conto, ha più fuorviato che indirizzato: “il mio interesse è nel futuro perché è lì che passerò il resto della mia vita”. Parlavo della morte che ha incrociato continuamente la mia vita, ma qualcuno lo ha voluto vedere come un ennesimo segno di avanguardismo. Non capendo che il mito fondante della modernità e della nostra cultura occidentale è il viaggio di Ulisse. Nino, ha aggiunto una postfazione intelligente ma che ha contribuito ancora di più a spostare l’attenzione del lettore sulla componente essoterica del libro, chiudendolo a quella esoterica.
Poco male. HyperArchitettura è andato benissimo lo stesso, ma devo dire ancora, per quello che io veramente avrei desiderato, non è stato compreso da alcuno. Segno direbbe Croce che non era sufficientemente chiaro o che ha poco senso scrivere su più livelli di lettura (continua)." Luigi Prestinenza Puglisi, pubblicato sul proprio pagine pubbliche di FaceBook il giorno 29 luglio 2013.


3. Luigi Prestinenza Puglisi, HyperArchitettura. Spazi dell'età dell'elettronica, (post fazione "Hyperarchitettura" di Antonino Saggio. Collana La rivoluzione Informatica in Architettura, sezione a cura di AS nella Universale di Architetturua di Bruno Zevi  Testo&Immagine, Torino 1998 e edizione Inglese in "The IT Revolution in Architecture" - series edited by Antonino Saggio editore Birkhauser, Basilea 1999 e successivamente in Cinese e Coreano) vedi .

4. Nelle versione informatica pubblicata alcuni anni dopo nella rubrica Coffee break di "Arch'it"dell'amico Marco Brizzi  inserii forse sbagliando alcune architetture che si realizzarono negli anni successivi. Quella Postfazione in realtà "sognava" quelle realizzazioni, le immaginava, le desiderava prima cheesistessero. In particolare Blur di Diller&Scofidio.


Sunday, July 21, 2013

Esiti Laboratorio IV prof. Saggio Luglio 2013


"Tevere Cavo e l'Ansa Olimpica" Laboratorio Urban Voids. Progettazione IV, Saggio, U. Sapienza, Roma 2013

I lavori del laboratorio si inseriscono nel progetto UrbanVoids™ e in particolare nel progetto che investe per la prima volta il tema e le aree denominato Tevere Cavo.
Il progetto Tevere Cavo intende mettere a sistema una serie di vuoti urbani e di aree sottoutilizzate a Roma. Si tratta in particolare della parte della città che segue l’andamento del Tevere dalla diga di Castel Giubileo alla porta di Piazza del Popolo e che è racchiuso dai grandi colli di Monte Mario ad Ovest e di Monte Antenne ad est. il progetto Tevere Cavo si ricollega idealmente e metodologicamente alla Urban Green Lines che legava con un anello ecologico i due grandi parchi archeologici tra l’Appia e la Casilina (cfr. n. 278 de “l’Arca”). Se in quel caso una nuova linea tranviaria assumeva il ruolo di catalizzatore di una serie di intenti e scopi, in questa parte di Roma non può essere che il Tevere l’elemento sistemico. Un Tevere su cui scorre la storia stessa della città e forse il suo futuro.

I progetti si basano su cinque caratteristiche chiave:
- la creazione di programmi d’uso innovativi basati sul concetto di “Mixité”
- la valorizzazione di ambiti abbandonati o sotto utilizzati della città
- lo studio di nuovi approcci dal punto di vista bioclimatico, energetico e ambientale
- l’utilizzazione di tecnologie informatiche nella diffusione e co-responsabilizzazione del progetto
- l’attivazione di rapporti concreti con possibili partner del progetto considerati come attori irrinunciabili nel contesto sociale della città.

La didattica si basa sulla valorizzazione della energie degli studenti attraverso un insegnamento direzionato nei contenuti, nelle tecniche e nell'aumento delle conoscenze specifiche al fare progettuale nei suoi aspetti contestuali, programmatici, ambientali, distributivi, spaziali, volumetrici ed espressivi, tutti temi oggetto di specifici cicli didattici e di lezioni accessibili  pubblicamente  in audio. Qui sotto una selezione di alcuni progetti. Dal nome dello studente si accede al Link con il lavoro completo e tutto il percorso di ricerca compiuto.

Programma didattico, pubblicazioni, lezioni (alcune con audio) e altro materiale sono disponibili a questo 

Wednesday, July 10, 2013

Undici Dissertazioni Finali. Dottorato di Ricerca in Architettura - Teorie e progetto




Presentazione finale di Undici Dissertazioni finali del Dottorato di ricerca in Architettura - Teorie e progetto, Università “Sapienza" di Roma, Dipartimento Architettura e Progetto, coordinatore prof. Antonino Saggio. 

Commissione prof. Umberto Cao, prof. Ruggero Lenci, prof. Stefano Panunzi.

Domani, Giovedi 11 Luglio Aula Fiorentino, Facoltà di Architettura di Roma, Via Gramsci 53. a partire dalle ore 9

E' una occasione importante per avere un quadro complessivo di alcune ricerche sia nel campo della progettazione Architettonica e urbana, sia in quello della progettazione degli interni, dell'allestimento e del prodotto di arredo

Architetti, dottorandi e i titoli delle dissertazioni finali*

Curr. A- Architettura - Teorie e progetto

AKBARIAN Reza Mohammad (25° ciclo)
Titolo: Feasibility Study and Functional Analyze of Urban Fabric. Revitalization Patterns of Historic Squares in Iranian Contemporary Cities. Case study: Isfahan, Atiq Square.
Tutor: Prof. Lucio Valerio Barbera, Prof. Hassan Osanloo

BAKTASH Hamidreza (25° ciclo)
Titolo: Assessment and Planning for Urban Vulnerability against Earthquake. Case Study: A vulnerable area in north of Tehran.Tutor: Prof. Lucio Valerio Barbera, Prof. Hassan Osanloo

INCERTI Luca (23° ciclo)
Titolo: DUTCH DEFRAG DESIGN - Strategie di deframmentazione metropolitana nella network city olandese Tutor: Prof. Luciano De Licio, Prof.ssa Luisa Romolo Calabrese

GIORDANO Patrizio Emilio (24° ciclo)
Titolo: BUENOS AIRES. LA CATTIVA MESCOLANZA - immaginari e realtà di una metropoli di frontiera Tutor: Prof.ssa Alessandra Capuano, Prof.ssa Alessandra Criconia

HUTA Sokol (25° ciclo)
Titolo: The role of the ex-industrial sites in the new territorial city of the Adriatic-Balkan area. The case of Durana.Tutor: Prof.ssa Alessandra Criconia, Prof. Ludovico Micara.

RAFFAELLI Baires (24° ciclo)
Titolo: SEMANTICA E TIPOLOGIA DELLA FORMA NELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA – articolazioni, declinazioni ed operazioni attraverso l’analisi degli esempi e delle teorie Tutor: Prof. Luciano De Licio

RENGO Gaia (24° ciclo)
Titolo: Percorsi e deviazioni - l’Architettura che s’impara viaggiando - la scuola di Valparaiso
Tutor: Prof. Roberto Secchi, Prof. Massimo Alfieri

PROIETTI Tiziana
Titolo:Ordine e proporzione Dom Hans van der Laan e l’espressività dello Spazio architettonico Tutor Prof. R. Secchi, Jaap P. Dawson

SARNO Francesca (25° ciclo)
Titolo: L’ARCHITETTURA NELLA SCUOLA DI SAN PAOLO IN BRASILE - necessidade e desejo.Tutor: Prof. Giorgio di Giorgio, Prof.ssa Maria Argenti

Curr. B- Architettura degli Interni e Allestimento.

GIAMMARINI Romeo (25° ciclo)
Titolo: L’INDUSTRIALIZZAZIONE DELL’ARREDO NELL’ITALIA DEL BOOM ECONOMICO – IL CASO DELLA MIM. Tutor: Prof. Richard V. Moore, Antonella Romano

KOUSIDI Matina (25° ciclo)
Titolo: AsM – Architecture sur Mesure. Habitat Abito - Habitus -Tutor: Prof. Richard V. Moore, Prof.ssa Antonella Romano

* Non è l'ordine di presentazione che verrà comunicato dalla Commissione