Friday, November 01, 2019

In (the) place of Drawing: Technology and Creative Processes

Listen The Lecture at New York Institute of Technology, New York Purini e Saggio 2h30m  segui le immagini

1919-2019. From Bauhaus to a new Paradigm in Architecure

Listen the key note lecture at Polis University in Tirana on September 19, 2019 1h40m  and see the images.

Bruno Zevi Architetto Rivoluzionario

Segui la conferenza all'Ordine degli Architetti di Ravenna 1h55 m del 29 novembre 2018. Vedi le immagini e segui i link 

Van Gogh Segreto Il mistero della stanza

Ascolta la Lectio Magistralis al Museo Macro di Roma del 14 Novembre 2019 1h30m. Vedi le immagini e segui i link ai libri e agli articoli.

Tuesday, September 17, 2019

Vita di Melania Mazzucco




Ho letto con molto ritardo “Vita” di Melania Mazzucco sulla spinta del mio amore per i suoi due libri dedicati a Tintoretto (“La lunga attesa dell’Angelo” e “Jacopo Tintoretto e i suoi figli”). Queste righe possono essere utili a chi vuole seguire le mie tracce (il libro, Rizzoli Bur, è anche su Kindle).

In una parola “Vita” di Melania Mazzucco onora il Romanzo. 

Da una parte il libro è un romanzo classico. Tratta di due bambini che emigrano insieme da Tufo vicino Minturno per l’America all’inizio del Novecento. L’esistenza di Vita la bambina, e Diamante, il bambino,  è ripercorsa “ad elastico”: ora l’una,  ora l’altra, ora insieme. Del genere romanzo vi sono le straordinarie descrizioni degli ambienti e della città di New York, la desolazione dell’America interna, la moltitudine dei personaggi, l’intreccio delle vicende, i colpi di scena. Anche del genere romanzo è l’accuratissima ricerca storica e d’archivio. Ma Melania Mazzucco contemporaneamente sfida i limiti del romanzo come se camminasse su una corda o ne cucisse alla trama principale grande pezzi altri e nuovi. Inverte le sequenze temporali, cambia il focus dai protagonisti principali ai comprimari, ma soprattutto il libro diventa contemporaneamente una sorta di albero genealogico della sua stessa famiglia, per cui la storia storica dell’emigrazione italiana in America si intreccia con la storia della propria famiglia e con quella personale. In questa sorta di tessitura omerica lei, donna e autrice, si tiene sempre completamente nascosta. Mai un personalismo, mai una autoreferenzialià. La lezione di modestia e riserbo di Melania Mazzucco, certamente tra i più rilevanti scrittori italiani di questi due decenni, appare rara e significativa. Insomma leggetelo ”Vita” e se non vi piace datemene tutta intera la colpa.


Saturday, July 27, 2019

Riflessione politica a partire dall’arte e da un piccolo fatto.


Ieri sera ho voluto percorrere la statale 113 - la settentrionale sicula che collega Messina a Palermo - riaperta finalmente dopo i lavori dell’Anas che hanno rafforzato il porticato copri massi poco prima del tunnel di Calavà. Ho scattato uno foto e l’ho postata circa alle 23 per condividere l’evento, ma perfidamente senza alcun commento. Anzi, aggiungendone uno che diceva “Come sempre: una immagine enigmatica divide il mondo in due.”



Ho ricevuto quattro like (pochissimi anche se l’ora era tarda) ed un commento “Calava’ ... la galleria?”, naturalmente esatto. Ora tutta la questione apparentemente cosi banale, non lo è affatto.

L’immagine “incomprensibile” alla stragrande maggioranza, ma molto importante solo per chi era in grado di decifrarla è alla base del lavoro delle avanguardie artistiche del Novecento. 
Le avanguardie artistiche infatti si pongono in maniera elitaria per propria natura! 

Usiamo il famoso orinatoio di Marcel Duchamp* come esempio.  Se viene pubblicata la famosa immagine chi osserva e sa, dirà “Ma è l’orinatoio Dada di Duchamp!” Ma se non lo sa (ed è la stragrande maggioranza) dirà: “È un cesso!” 



"Ma non è un cesso", si potrà ben sostenere sulla base della lettura di migliaia di pagine a stampa, ma non importa, per tutti gli altri rimane un cesso! 

A ben riflettere questo discorso si può estendere in politica.... Da una parte c’è chi urla “È un cesso, è un cesso toglietelo di mezzo, è un cesso”, mentre gli altri si sforzano di far capire tutto “il discorso” esponendosi ai frizzi, ai lazzi, agli insulti.

Ora il problema è che senza discorso siamo morti dentro e per capire il discorso.. i suoi stessi limiti, le sue ironie, il suo senso, il processo è lungo, complicato, costoso pieno di insidie e di trappole. Si chiama educazione, acculturazione, e soprattutto sviluppo di una capacità critica.

Andiamo avanti ed estremizziamo. Usiamo una parola, “strana”, per esempio “ctonio”**. Molti sanno che dietro una parola strana si nasconde un mondo: concetti, cose da sapere, idee. La stragrande maggioranza davanti ad una parola strana si comporta come con “il cesso”. E un cesso a che serve?, Perché non parli facile?. Un’altra parte, sa cosa vuol dire e conosce la regola dell’economia del linguaggio (per cui a volte dobbiamo usare formule matematiche condensate cioè parole difficili), ma vi è un gruppo prezioso, quello dei curiosi. Che non capiscono la parola strana, ma sono curiosi, cercano di capire. Sentono che dentro una parola di cui non si sa il senso, vi è un vero pozzo di scoperte e di tesori (che ben funziona per ctonio, giusto?)



Lavorare su questa contraddizione tra un significato facile ed uno difficile da scoprire è la tecnica usata da un grande genio del Novecento, René Magritte. Magritte capisce il limite elitario delle avanguardie artistiche e allora inventa un doppio livello. Da una parte fa un quadro realistico (che tutti capicono), per esempio di una pipa. Poi però vi scrive “Questa non è una pipa”. Determina cosi un corto circuito che dovrebbe spingere il curioso a cercar di capire. A vedere oltre.

Mi domando veramente in una fase in cui stravince nei sondaggi, la stragrande maggioranza per la quale “il cesso” è solo un cesso e che la parola “ ctonio“ è bollata come inutile, che cosa possiamo fare. Certo da una parte bisogna non distruggere sistematicamente le fonti di educazione. Questo è naturale, ma forse c’è uno spazio per un parlare di cose difficili con un linguaggio a volte piano e soprattutto stimolare sempre la curiosità. Penso a Don Milani, per esempio. Possiamo spingere la necessità della curiosità? Può essere un antidoto? 

Note



Friday, July 19, 2019

Esiti laboratorio IV prof. Saggio 2019

Il Laboratorio di progettazione ha lo scopo di coinvolgere gli studenti nella progettazione di un edificio di media complessità inserito in un vuoto urbano della città di Roma. La particolarità del Laboratorio consiste nel rapporto che si instaura tra il programma, l’area di progetto, i previsti occupanti e l’insieme di aspetti teorici e pratici della progettazione architettonica e urbana che vengono affrontati in questo corso. Il programma del progetto ricade nel grande ambito della Mixité. Propone di conseguenza una combinazione di attività diverse, organizzate a partire da una forte idea d’uso, una "driving force" che motiva il progetto e la sua necessità nella città di contemporanea nei termini generali e nell’area di progetto in particolare. Ogni studente sceglierà un’area specifica per il proprio progetto in un Vuoto urbano - “Urban Void” - localizzato nel settore orientale della capitale lungo le aree lungo il tratto urbano terminale della via Prenestina già pre-scelte dalla docenza. In questa area svilupperà il proprio programma in stretto rapporto con la docenza, ma anche con un promoter o cliente virtuale. Il Laboratorio di quest'anno è all'interno del grande progetto UnLost Territories che prende avvio dalla presenza del Maam (Museo dell'altro e dell'altrove) in una ex fabbrica occupata lungo la Via Prenestina e che inietta in un territorio periferico pieno di contraddizioni gli enzimi dell'arte come atto di riscatto civico.
Programma didattico, pubblicazioni, lezioni con video e altro materiale sono disponibili a questo Link

Qui sotto una selezione di alcuni progetti. Dal nome dello studente si accede al Link con il lavoro completo e a tutto il percorso di ricerca compiuto.

Breve Film You tube con tutti i progetti e i partecipanti




Giulia Bufalini













































Saturday, June 29, 2019

Sul Ponte Morandi e la sua demolizione

Questa è l’Italia.

1. Il 14 agosto 2018, 43 persone sono inghiottite nel baratro di un ponte crollato a Genova. La società responsabile, che con la fiduciaria Benetton e il suo vate fa bandiera di umanitarismo egualitario, si precipita a mettere le mani avanti legalmente senza una parola seria di compianto per gli innocenti così follemente scomparsi. I lavori di consolidamento sarebbero partiti dopo poche settimane.
2. Un ingegnere consulente di Autostrade e associato a Genova viene intervistato da tutti i media, compresi i maggiori quotidiani nazionali sulla tesi, spesso anche titolata: “Morandi ha sbagliato i calcoli “. La ribatto come posso.
3. Si forma una commissione ministeriale di cui detto ingegnere fa parte (!) che sbrigativamente sostiene il gravo danno delle pile. Nessuno prende in considerazione le tesi di più di un ingegnere autorevole italiano che sostiene con perizia tecnica che il ponte è assolutamente recuperabile. Anche la stampa sostanzialmente tace. Dopo poco detto ingegnere è inquisito e allontanato dalla commissione
4. Partono due petizioni affinché si valuti come previsto per legge una analisi costi benefici e che non si proceda all’abbattimento. L’Istituto nazionazle di architettura promuove un convegno e allega un libro sulle modalità di recupero. Lettere aperte e articoli di giornali cercano di controbattere il mantra “il ponte è marcio va abbattuto”.
5. Il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione fa presente l’alto rischio di infiltrazioni mafiose nelle redditizie pratiche di demolizione. Fatto che, nonostante le assicurazioni, è puntualmente avvenuto.
6. La sovrintendenza ai monumenti di Genova, che aveva facoltà di apporre un vincolo ad un capolavoro dell’ingegneria italiana unanimemente riconosciuto come tale, non lo appone. Così facendo legittima la demolizione.
7. Non vi è nessuna seria opposizione politica alla demolizione. Spiegabile visto che il sindaco, poi governatore, poi addirittura ministro delle infrastrutture in questi diversi ruoli per 25 anni non è riusciuto a far completare i lavori di rafforzamento a pila e stralli 9 e 10 fatti solo per la 11 nel 1992. Lo stesso politico era sindaco al blocco della bretella che avrebbe alleggerito i carichi di traffico esorbitanti cui era soggetto il viadotto e che ovviamente sono la principale causa del crollo.
8. Nessuno vuole neanche prendere in considerazione che si tratta di un viadotto (lungo circa 1 km e 100 metri) e neanche di "un ponte". Si decide di demolire il l'intero viadotto al di là di ogni plausibile logica ed economia pubblica. Bisogna far posto ad un progetto ideato da Renzo Piano, ad una settimana circa dal crollo, che nonostante l'insignificante valore estetico e ingegneristico si afferma in un successivo concorso anche se addirittura piú costoso di altre soluzioni. Questa è l'Italia

Saturday, June 15, 2019

Caravaggio Dal basso verso l'alto.


Ascolata la lectio Magistralis al Museo Macro del 14 giugno 2019 di Antonino Saggio. 1hr16M.
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