Friday, December 11, 2015

Materialisti della Storia, Jetztzeit e Walter Benjamin

Interverto al convegno Modernità delle rovine. Casa dell'architettura di Roma, 11 Dicembre 2015
Ascolta

Saturday, November 28, 2015

Tevere Cavo Una infrastruttura ecologica per Roma

Ascolta la Lezione 10 Novembre 2015 Roma TreLezione al Laboratorio del prof. Luigi Franciosini
Vedi le immagini

Ogni generazione deve riscrivere la propria storia

Intervento al corso di Architettura Contemporanea Prof.ssa Antonello Greco 
Sapienza Fcoltà di Architettura 1
Ascolta la Lezione 12 novembre 2015
Vedi le immagini


Un breve intervento Sulla scrittura di architettura

Lo scorso marzo si è tenuto in facoltà di architettura di Roma un simposio sulla Scrittura di architettura. organizzato dal prof. Renato Partenope, docente al Corso di Dottorato di Architettura di Teorie e Progetto che coordino a Sapienza e di alcuni dottorandi

Ho ritrovato le tracce di quell'intervento di cui non esiste audio.

Si è da poco concluso il simposio sulla scrittura di Architettura qui in facoltà promosso dal prof. Renato Partenope. Tutte o quasi le persone menzionate sono intervenute. A me ha fatto molto piacere assistere, reincontrare vecchi amici, sentire i più giovani dottorandi e ricercatori conoscere meglio il prof. Ernesto D'Alfonso che conoscevo in particolare via la bella rivista dedicata alla ricerca nel dottorato di architettura e che adesso rivive nel web "Arc.2 città" in http://www.arcduecitta.it. Questa rivista propone una call for paper in cui molto attivi sono dei dottorandi della nostra scuola come Pietro Zampetti e Giada Domenici che a me sembra una ottima idea. 

Dichiarare il proprio "manifesto" dell'architettura è un esercizio critico importante. Plaudo: aderite se ne avete la forza, è una sfida vera. Questa volta non ho registrazione audio dei miei intervento. Diciamo che nel primo ho cercato di far capire quanti modi diversi di scrittura dell'architettura ho praticato in questi trent'anni e più.

L'ho fatto portando i libri materialmente con me. Mi sono soffermato nella fase in cui mi premeva avere una scrittura molto pertinente al fare progettuale che insegnasse veramente a fare il progetto (è la fase della mia dissertazione dottorale e del libro su Louis Sauer), poi ho spiegato citando un concetto di d'Alfonso la centralità del modello e del disegno proprio per la scrittura. Ho spiegato che il libro su Terragni aveva questo motore del fare-costruire-disegnare le architetture "prima" e senza questo lavoro sicuramente alcuni strati della scrittura non sarebbero stati come sono stati. Poi ho parlato della lunga consuetudine verso una scrittura anche rivolta al grande pubblico, soprattutto attraverso "Costruire". Una palestra che si è intrecciata con i temi precedenti ed hanno portato a libri come quello su Eisenman o su Gehry e poi alla cura della collana gli architetti. Con la mia preoccupazione di scrivere libri aderenti alla concretezza dell'architettura nei suoi aspetti spaziali, costruttivi, organizzativi espressivi evitando la deriva letteraria o la raccolta di commenti di terzi... Infine ho molto brevemente accennato alla collana “La rivoluzione Informatica”. In realtà sarebbe stato l'aspetto più importante perché qui la scrittura di architettura si intreccia con un idea generale di rinnovamento, una sfida completa di direzione delle forze in un lavoro di squadra. Questo punto forse il più importante di tutti non è stato ben affrontato. Era il più importante perché qui la scrittura di architettura si intreccia con un discorso storico. Per strada ho omesso così tante altre cose.. ma è naturale visto che a ben pensarci il mio lavoro è tutto ascrivibile nella tematica della scrittura di architettura e dovrei farci un corso tutto intero piuttosto che un intervento ad un simposio. Nel pomeriggio ho ripreso alcune parole chiave che mi avevano interessato mettendole a sistema, dal mio punto di vista per i dottorandi. La parola 1. semplicità e 2. siamo noi artefici, derivate da Purini il 3 e l'importanza dell'ipotesi il 4. la circolarità tra strumento e pensiero in cui sono stato critico su alcune cose che sfruttano gli aspetti più epidermici della rete. Ma in realtà se il "contenuto" della stampa tipografica è la rivoluzione luterana.. quale potrebbe essere o sarà il contenuto del web? Almeno per l'architettura? mi sembra questa una domanda stimolante.. e non hanno torto affatto coloro che ci pensano e ci si interrogano. 

Infine ho proposto una cosa scherzosa come occupazione ai dottorandi italiani.. mezzo scherzavo e mezzo no, ovviamente.

Pensando alla scrittura di architettura mi veniva in mente quando ventenne ho fatto sei versioni circa del mio Pagano, nell'ultima, copiando Persico che battendo a macchina giustificava le righe !. Sì, sapeva come giustificare le righe a macchina e io avevo copiato da lui la strana mania. Si fa così: verso la fine della riga si vede quanti spazi mancano e o se ne aggiunge uno, oppure si aumenta uno spazio con il trattino dell'accapo, oppure si mette il segno meno oppure si mette sotto la lettera il trattino. Con questa combinazioni di sistemi si "giustifica" battendo a macchina. 

Cose da matti per la scrittura di architettura, no? Ma è sempre una buona idea partire dal pratico e da questo andare se ce la si fa oltre.




L'Asilo Sant'Elia a Como

Giuseppe Terragni  L'Asilo Sant'Elia a Como Tre Fasce un Telaio
Ascolta Conferenza a GenovaVedi le immagini

Invertire la direzione del nostro sviluppo

Urban Green Line  Una Infrastruttura di Nuova generazione per la città consolidata
Ascolta la Conferenza a Catania 27 novembre 2015
Vedi le immagini

Saturday, October 31, 2015

Dopo quattro secoli Roma riscatta Annuccia (Anna Bianchini), l’annegata del Caravaggio nella Morte della vergine del 1605 grazie al progetto di laurea di un neo architetto.

Si chiamava Anna Bianchini, era una prostituta e Caravaggio lo sottolinea vestendola di rosso, che era il marchio imposto. Annuccia era incinta. Si è uccisa per questo non riuscendo a pensare ad un futuro per sé è il suo bambino?. Con ogni probabilità sì, e si è uccisa nel tratto dannato del Tevere appena fuori la Porta del Popolo vicino al loro ghetto.
Il giorno 29 ottobre 2015 Gabriele Stancato con Antonino Saggio relatore ha discusso alla Facoltà di Architettura di Roma Sapienza una tesi che riscatta, appunto dopo quattro secoli, la morte di Annuccia e quella di migliaia di derelitte abbandonate, madri incinte prostitute e ladre.
Propone per l’area del lungo Tevere tra il Pinedo e Ponte Margherita, un Istituto carcerario attenuato per madri detenute con bambini. E’ Unione europea che ce lo impone. il progetto di Stancato è una equazione matematica, è l’arringa di un tribuno, è l’indagine di un appassionato investigatore. Fa comprendere come questa proposta sia effettivamente importante, per la storia dell’area, per il suo stato assurdo di abbandono e degrado, per la necessità politica di dare un segnale di civiltà, per la presenza di tecnologie informatiche che lo rendono possibile e per la presenza di iniziative produttive che sviluppano concretamente il recupero delle madri detenute con il lavoro. L’Architettura e il progetto affonda nelle crisi e dà forza e coraggio. .. Studia tutto il progetto da qui
LINKhttp://www.arc1.uniroma1.it/saggio/Didattica/Tesidilaurea/Stancato/





Saturday, September 26, 2015

Vessazione

Lettera aperta al presidente dell'Atac

Se esiste il reato di vessazione ai cittadini per palese ignavia, il caso del bus 51 è esemplare.

Il  bus 51, prolungato alla fermata in piazza Camerino lungo via la Spezia per servire la fermata chiamata eufemisticamente "Lodi", non ferma alla stessa piazza Lodi a circa 350 metri ad est dove potrebbe caricare moltissimi viaggiatori (tra l'altro che arrivano dalla antidiluviana Roma-Pantano).

Perché non si ferma?

I cittadini hanno scritto, l'Atac ha risposto. Non si può fermare alla fermata Lodi perché il bus sta  circolando sulla piazza "in uscita dal capolinea" e la prima fermata valida e capolinea è piazza Camerino Direzione ovest, cioè verso San Giovanni. Quindi: il bus fa circa 700 metri dove potrebbe raccogliere centinaia di cittadini ma non lo fa perché quello è un giro "in uscita dal capolinea", sta facendo manovra, capite?, e quindi non si ferma alle fermate valide per gli altri bus, che pur esistono.

E poi uno si stupisce dei mille disservizi giornalieri, dei treni cancellati e dei miei studenti che perdono, lezioni, voglia, pazienza .. ma se questa, che è una semplice regola di buon senso, che per risolverla basta aggiungere una pralina alle fermate esistenti, cosa aspettarsi negli altri casi?

Ora io dico, presidente,  legalmente esiste un reato di "vessazione" del cittadino? Tanto più perché lo stesso bus 51 ha in bella posta la scritta Piazza Lodi completamente errata invece perché sarebbe caso mai corretto Piazza Camerino?

Se si, io credo che lei dovrebbe autodenunciarsi, in attesa ovviamente di soluzione da lei o da altri preposti.

PS
Come se non bastasse allego questa foto. Al capolinea del Bus 51 stazionavano 5 bus - dico c i n q u e -   la domenica mattina del 4 Ottobre 2015. Uno addirittura in doppia fila, con il rischio che ciò ovviamente comporta. Veramente sono senza parole.
(Antonino Saggio, U. Sapienza)

Copia e incolla liberamente.


Wednesday, August 12, 2015

La Piramide al 38º parallelo di Antonio Presti e Mauro Staccioli



*

Sono stato alla piramide prima che fosse Piramide. Andai con Antonio Presti che è, come sapete tutti il Fondatore e creatore di Fiumara d'arte e di molte altre iniziative per promuovere la bellezza in Sicilia. D'ora in poi sarà chiamato Antonio. Sono legato a lui da rispetto per la rilevante figura pubblica e la generosità dell'azione e da amicizia per la persona e sono legato tra tutte le opere in particolare alla Piramide del 38 parallelo per diverse ragioni legate alla sua nascita. Ci andai con Antonio, forse nel 2008 e c'erano soltanto un paio di operai e la ruspa pronta. Sulla strada mi parlò dell'idea e come sempre uno rimane sbalordito dalle sue idee perché le idee di Antonio sono, diciamo così, sistemiche. E cioè non si tratta mai di una cosa, ma di un insieme interrelato di forze, forme, agenti, eventi, attori che creano dei cerchi, degli anelli che fanno muovere l'ambiente attorno a sé. E lo fanno muovere simbolicamente, socialmente, politicamente, creando anche come è ovvio vibrazioni e turbolenze.
Insomma eravamo lì, in quello spiazzo in cima alla montagna.. a parlare con il ruspista e i tecnici e dopo pochissimo cominciarono i lavori. Mi disse del disegno di Mauro Staccioli per la Piramide ma è del tutto ovvio che qui non si tratta di un rapporto committente-artista, ma di una profonda compartecipazione dell'artista all'idea di Antonio.

Riandai dopo circa un anno e la Piramide era su, magnifica, con quella forma sbilanciata, quella dinamica base triangolare, quell'acciaio corten così bello, quell'interno con l'asola da cui penetra il raggio della luce del tramonto, quel grande gioco di massi circolari a caratterizzare l'interno. Mancava solo una parte. Era la guglia di chiusura che era realizzata in un pezzo unico, una mini piramide in cima a chiusura. C'era una gru e ci salii con Antonio a vedere tutto dall'altro e poco dopo ad assistere al momento magico. Quello in cui la gru e gli operai dovevano mettere la guglia al suo posto la in cima. Antonio scherzando ogni tanto ricorda che io sono un poco "fortunello" ad aver vissuto in prima persona i due momenti chiave della Piramide e spesso ricorda agli amici un altro fatto. In seguito andavo spesso all'atelier dell'arte a Tusa. Un tardo pomeriggio del 2011 dissi: "Vado alla piramide in moto, voglio starci un poco." Salii, ormai era il tramonto, la moto all'ultima curva scivoló e caddi. Ma la cosa grave fu che per quanti sforzi facessi fu impossibile rimetterla in piedi. Era arrivato il buio, ero in cima alla montagna deserta. Telefonai ad Antonio che arrivò con altri tre amici ad aiutarmi, era buio e tardi. Capii la lezione che mi avevo dato lei, la Piramide: rispetto. Ci tornai l'indomani con un lungo tratto a piedi e sempre partecipai con amicizia e rispetto al rito della luce che come sapete è un grande evento che celebrando l'arrivo dell'estate al solstizio del 21 giugno coinvolge un centinaio di artisti (musicisti, poeti, compagnie di recitazione e danza, pittori, scultori eccetera e che in alcuni anni ha coinvolto intere scuole).

Quest'anno è capitata una esperienza decisiva.
La notte prima dell'evento ha piovuto distruggendo  alcune installazioni, strappando i teli e soprattutto inondando l'interno della Piramide e vanificando parte del grande lavoro di preparazione della settimana precedente. La mattina si è andati presto in molti a riparare. Ricordo la fatica degli scultori a tirare fuori l'acqua e il fango a secchiate dalla Piramide, e mi ricordai: "La storia si fa con l'atto". Uno tira fuori il fango ed ha partecipato l'ha fatto.. C'era e c'è. Alle undici  del 21 giugno 2015 il cielo era nuvoloso e alcune gocce di pioggia nuovamente cadevano. Erano attese diecimila persone. Da architetto dissi: "Antonio dobbiamo preparare un piano B". Da artista mi rispose "Non esiste un piano B". Ci ho messo venti ore a capire, lo sapevo ma non lo ricordavo: Nell'arte si rischia se stessi nell'arte non c'è il piano B!
Incredibilmente arrivò un sole magico e dorato, meraviglioso e insieme storditi, con moltissimi altri circondammo la Piramide di mille anelli di persone.




**


*. Foto del 22 settembre 2011 ore 19:35
**. Foto del 21 giugno 2015 ore 11 ca

Thursday, July 23, 2015

Esiti Laboratorio IV saggio 2015

"Tevere Cavo e l'Ansa Olimpica" Laboratorio Urban Voids. Progettazione IV, Saggio, U. Sapienza, Roma 2015

I lavori del laboratorio si inseriscono nel progetto UrbanVoids™ e in particolare nel progetto che investe  il tema Tevere Cavo.
Il progetto Tevere Cavo intende mettere a sistema una serie di vuoti urbani e di aree sottoutilizzate a Roma. Si tratta in particolare della parte della città che segue l’andamento del Tevere dalla diga di Castel Giubileo alla porta di Piazza del Popolo e che è racchiuso dai grandi colli di Monte Mario ad Ovest e di Monte Antenne ad est. il progetto Tevere Cavo si ricollega idealmente e metodologicamente alla Urban Green Lines che legava con un anello ecologico i due grandi parchi archeologici tra l’Appia e la Casilina (cfr. n. 278 de “l’Arca”). Se in quel caso una nuova linea tranviaria assumeva il ruolo di catalizzatore di una serie di intenti e scopi, in questa parte di Roma non può essere che il Tevere l’elemento sistemico. Un Tevere su cui scorre la storia stessa della città e forse il suo futuro.

I progetti si basano su cinque caratteristiche chiave:
- la creazione di programmi d’uso innovativi basati sul concetto di “Mixité”
- la valorizzazione di ambiti abbandonati o sotto utilizzati della città
- lo studio di nuovi approcci dal punto di vista bioclimatico, energetico e ambientale
- l’utilizzazione di tecnologie informatiche nella diffusione e co-responsabilizzazione del progetto
- l’attivazione di rapporti concreti con possibili partner del progetto considerati come attori irrinunciabili nel contesto sociale della città.
La didattica si basa sulla valorizzazione della energie degli studenti attraverso un insegnamento direzionato nei contenuti, nelle tecniche e nell'aumento delle conoscenze specifiche al fare progettuale nei suoi aspetti contestuali, programmatici, ambientali, distributivi, spaziali, volumetrici ed espressivi, tutti temi oggetto di specifici cicli didattici e di lezioni accessibili  pubblicamente  in video you tube streming. Qui sotto una selezione di alcuni progetti. Dal nome dello studente si accede al Link con il lavoro completo e tutto il percorso di ricerca compiuto.
Programma didattico, pubblicazioni, lezioni con video e altro materiale sono disponibili a questo 

Silvia Nocchi


Mauro Maglietta 
http://chiaraspigalabiv.blogspot.it/

Wednesday, May 13, 2015

Ricordo di Vincenzo Colella, maestro della vita.

Un aspetto che mi ha sempre colpito del prof. Vincenzo Colella, scomparso lo scorso giovedì a cento anni (27 marzo 1915- 8 maggio 2015), è la dignità. Una dignità della persona e degli abiti. Quando mi incontrava diceva .. ragazzaccio ... e senza parere, con un minimo gesto, mi faceva capire il pizzo all'aria, la camicia fuori, il capello tutto scapellato. 
Ma la dignità e la misura del vestire e l'ordine della persona era sistemico, non era superficie, era sostanza.
Tra i molti aneddoti mi raccontava che in carcere Sandro Pertini era sempre ordinatissimo. Metteva la tuta sotto il materasso la notte per averla senza grinze la mattina. Ed era sempre ordinato. Pertini, chiaro?. Come se quell'ordine della persona fosse l'arma per combattere la violenza, l'arroganza, la barbarie. Ho visto un mese fa la tuta di prigioniero politico a Mauthausen del prof. Colella. È al nobile e piccolo Museo di via Tasso.
La riportó a casa dal campo di concentramento, praticamente la sola cosa. E si penserebbe.. la tuta? Si riporta a casa, dopo mille peripezie, la tuta? Ma certo: è come se in quella tuta fosse intrisa la propria dignità di uomo, comunque e sempre.
La dignità del prof. Colella era una grande forza. Era il suo essere al mondo. Trasmetteva l'idea che si poteva pensare, si poteva trasformare, si poteva applicare intelligenza e calma per migliorare. Lui certamente l'ha fatto, quando non si è tolto la divisa da ufficiale italiano ed è stato catturato, quando stava nel carcere delle SS a via Tasso e poi nei mesi durissimi in Germania.. E poi, organizzando il rientro di migliaia di poveracci e poi come maestro e professore e come organizzatore delle associazioni dei prigionieri politici e nelle lunghe vicende del suo Villaggio Olimpico. Di tanto in tanto veniva a pranzo con noi e quasi tutti i giovani di Nitro o i laureandi lo conoscevano bene. Ed hanno un racconto, un episodio, un sorriso. Si il prof. Colella sorrideva un sacco, sorrideva.


Foto del 2 aprile 2011 in una delle tante occasioni di incontro con i laureandi

Thursday, February 05, 2015

van Gogh dipinge i Girasoli

Van Gogh Dipinge i Girasoli
di Antonino Saggio

L’analisi dettagliata del ritratto dipinto da Paul Gauguin Van Gogh che dipinge i girasoli, insieme alle acquisizioni di recenti studi storici, illumina di una nuova luce il dramma che si compì ad Arles la notte della anti vigilia di Natale del 1888 quando i due pittori ebbero un violentissimo alterco, Gauguin lasciò precipitosamente Arles e van Gogh, mutilato del lobo dell’orecchio sinistro, fu ricoverato in preda ad allucinazioni all’ospedale della cittadina. Il libro ha trovato molto interesse nei suoi lettori per la scrittura densa e per il continuo intreccio tra il dato artistico e le vicende della vita. Il quadro di Gauguin in questo contesto diventa contenitore più vero del vero, il luogo dell'intreccio dei molteplici livelli  psicologici, artistici biografici del rapporto tra i due pittori. E così che questo libro rivela la storia del famoso episodio del taglio dell'orecchio, in una ricostruzione inedita ma appoggiata su fonti certe.



Addendum Critico
(estratto della parte finale del libro)


Figura 1.5 Paul Gauguin, Van Gogh che dipinge i girasoli, dicembre 1888, Museo van Gogh, Amsterdam

Chi scrive conosce Van Gogh che dipinge i girasoli sin dal 1970 e lo ha esaminato con attenzione molte volte dal vero, di cui una alla straordinaria mostra “Van Gogh e Gauguin. Lo studio del Sud” al Chicago Art Institute, curatori Douglas Druick e Peter Kort Zegers. Nelle pagine dedicate al dipinto del loro volume del 2001, Druick e Zegers compiono di Van Gogh che dipinge i girasoli una disamina importante, di cui questo scritto fa tesoro. Chi scrive aggiunge al lavoro degli studiosi citati nuove fonti documentarie, alcune osservazioni e soprattutto mette in relazione il dipinto ai drammatici avvenimenti successivi.
La direzione del museo van Gogh di Amsterdam accosta Van Gogh che dipinge i girasoli al veloce ritratto che van Gogh dipinge di Gauguin (v. Copertina). L’accostamento di due quadri dalla qualità pittorica così diversa induce a pensare che van Gogh, esattamente come Gauguin voleva far credere, ne fosse una sorta di allievo. Il fatto che i due quadri siano coevi, non comporta che sia condivisibile accostarli. Mettere uno vicino all’altro il modesto ritratto di Gauguin dipinto da van Gogh, con il grande e bellissimo quadro di Gauguin è un errore. Tanto più grave perché compiuto proprio nel museo van Gogh - nella “propria” casa. Questo errore è la motivazione più profonda di questo scritto e mi sembra di aver ampiamente provato che questo dipinto è il luogo del tradimento di Gauguin. Non so se il museo van Gogh cambierà idea, ma nella mente del lettore, Van Gogh che dipinge i girasoli dovrebbe essere accostato a destra da La Sedia di Paul Gauguin F 499, anch’esso museo di Amsterdam, che van Gogh dipinse quasi contemporaneamente come una sorta di ritratto “psicologico” di Gauguin sotto le mentite spoglie di una natura morta. Un quadro che fa dell’assenza il suo centro espressivo.  E a sinistra da La Sedia di Van Gogh e la sua pipa F 498 questo sì “autoritratto” drammatico anch’esso dipinto da van Gogh durante le settimane di convivenza di Gauguin ad Arles.
Se si esamina la produzione di Gauguin ad Arles (Druick e Zegers 2001) si fa un balzo. Sono venticinque quadri e praticamente tutti capolavori, di una bellezza e di una intensità sconvolgente (Fattoria d’Arles, Lavandaie al Canale, Casolare a Arles, Calura, Vedute degli Alyscamps, Il caffè di notte di Arles ma anche altri). Gauguin attraverso il periodo di Arles esalta la propria pittura che compie un ulteriore sensibile avanzamento sia nella continuità che nella qualità della produzione.  Van Gogh invece ha dipinto tutti i suoi capolavori prima dell’arrivo di Gauguin ad Arles. Se si esamina la pittura di van Gogh nel periodo di convivenza si vedono tre fenomeni interessanti ed interrelati: 
Link
Il libro completo su van Gogh di Antonino Saggio
Ibooks per tutti i sistemi Apple (Mac, Ipad, Iphone) English e Italiano con galleria interattive € 2,99 A stampa in Italiano B&WColore in English B&WColor In Pdf ItalianoEnglish
Lo Strumento di Caravaggio - The Instrument of Caravaggio
Ibooks per tutti i sistemi Apple (Mac, Ipad, Iphone) English, Italiano