Tuesday, November 24, 2009

Commenti sul 7° Convegno Identità dell'Architettura italiana

7° Convegno Identità dell'Architettura italiana Aula Magna Rettorato,
Piazza San Marco, 4 2 - 3 Dicembre 2009 Firenze.
Aggiungete per favore il vostro punto di vista nei commenti.

A breve il mio.. il primo si chiama del Compasso e la politica Video 5.12.09

12 comments:

Antonino Saggio said...

Intanto partiamo da qui
http://www.spazioarchitettura.ch/teorie/articolo157.aspx

Salvatore D'Agostino said...

Antonino Saggio,
lei chiede un parere sul convegno ‘Identità dell’architettura italiana’?
Per Umberto Galimberti: «L’identità è un fondo vuoto e la sua ricerca un tentativo inutile».
Ma sa bene che il filosofo è un cattivo maestro.
Ieri su facebook (lo spauracchio mediatico dei telegiornali di oggi) ho ricevuto l’invito per un convegno dal tema ‘Intensive Fields: New Parametric Techniques for Urbanism’ ecco i relatori: Francois Roche, Marc Fornes, Roland Snooks, Qingyun Ma, Neil Leach, Roland Ritter and Anne Balsamo alongside other leading experts from the world of digital technologies, cultural theory and urban design, including Patrik Schumacher, Manuel DeLanda, Tom Kovac, Marcos Novak, Benjamin Bratton, Hernan Diaz Alonso, Elena Manferdini, Casey Reas and Greg Lynn.
Capisco che quest'invito sia frutto di cattive frequentazione CMC.
Lei vuole una risposta?
La parola identità nasce nel 1385 con il significato di ‘uguaglianza completa e assoluta’ (F. Butti) nel 1673 ‘qualificazione di una persona, di un luogo, di una cosa per cui essa è tale e non altra’ (G. De Luca).
Essendo un siciliano poco ‘spertu’ non m’identifico con l’identità siciliana (scusi la doppia cacofonia) che per il giornalista Francesco Merlo è basata sulla triade ‘contributi, finanziamenti e favori’ ovvero l’idea di vivere speculando sul lavoro altrui (il principio basico del ‘pizzo’).
Ma per non fare ‘filosofia’ (scusi nuovamente la locuzione trasposta dal siciliano) non m’identifico, peraltro, con il concetto dell’architettura siciliana: l’occupazione di spazi abitativi progettati sulla base dei mq (anche per le seconde e terze case).
Forse a Firenze discuteranno d’altro, ma le chiedo come faccio con il mio mancato senso d’identità?
Saluti,
Salvatore D’Agostino

Antonino Saggio said...

Caro Salvatore d'Agostino,

lei con due mosse argute ha demolito prima il convegno "nazionale" poi il concetto stesso di "identità". Ma adesso facciamo un altro passo, se vuole. E allora le chiedo "A che servono questi convegni nostrani?".

a presto

Antonino Saggio

Anonymous said...

identità architettura italiana, effettivamente parole tirate fuori a caso dal paroliere sembrano.. tutte prima persona femminile singolare e tutte tremendamente sospette. Non ho idea di cosa si parli a questi convegni, ma se è il settimo anno che lo ripropongono direi che dagli altri non è uscito fuori niente di buono, nel frattempo. quindi Non mi soffermo su architettura e italiana che se no mi parte uno sproloquio sull'edilizia enirgivora, sull'immobiliarismo sfrenato e cieco, sull'assenza di legge urbanistica o controllo del territorio e probabilmente anche sulla eccessiva considerazione data all'eredità storica, continuamente messa sotto vetro e mummificata, alla meno peggio.. nè mi soffermo sul fatto che i relatori siano tutti professori d'Università che in primo luogo si dovrebbero rendere conto che, almeno qui a Roma, l'architettura contemporanea degna di nota ce la facciamo progettare dall'estero e... meglio che mi fermo su questo discorso arrabbiato perchè rischio di finire nel loro senso identitario. Mettiamo subito le cose in chiaro allora: per me ad esempio il progetto di Zaha qui a Roma è più italiano della ristrutturazione della sede della facoltà di via gianturco, per tirare fuori un altro esempio a caso.
E va bene, a questo punto inizia la parte più difficile.. ma proviamo comunque ad andare avanti. Perchè a mio vedere infatti, se proprio la parola identità la vogliamo affiancare a quest'altra bella parola architettura, beh! sono anche d'accordo, ma allora invertirei l'ordine dei fattori. Non un'identità per l'architettura. ma un architettura per la realizzazione delle identità. perchè se usiamo il termine i. al femminile singolare allora per me intendiamo quella cosa che ci portiamo dietro (se proprio vogliamo usare il noi) ciascuno, singolarmete, per proprio conto. . . ed è una fatica trascinarla spesso si sa, lividi e fiori .. ma, per dire, l’architettura, essenso uno strumento da noi costruito e a nostra disposizione, non può darci una mano tipo cariola invece di mettere un muro tra la retta A e B e costringerci quindi alla circumnavigazione per renderci conto che facciamo parte dello stesso spazio, ossia la Terra che, tanto per far la rima, si ribella .?. io credo di si, come lei lo so, ma la domanda forse è retorica, come il convegno del resto.
In bocca al lupo prof. e a presto
Gaia

Salvatore D'Agostino said...

Prima parte:
Mi chiede: A che servono questi convegni?

Le rispondo riprendendo la tesi finale dell’inchiesta ‘OLTRE IL SENSO DEL LUOGO’ (che lei ha inaugurato).
(Per conoscenza ecco il link: http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2009/11/0073-oltre-il-senso-del-luogo-il.html)

Per gli architetti di periferia è un incontro fondamentale per capire ciò che la cultura ‘accademica’ sta elaborando. Un luogo/incontro della realtà locale (autoreferenziale) espansa.

Per gli architetti più curiosi (anche semplici fruitori della rete) è il buco nero dell’accademia italiana.
Un’accademica che ama autoinvitarsi e auto-citarsi, riflettendo su un tema - come le dicevo- privo di senso.

A tal proposito trovo più utile leggere il libro ‘La mia prigione’ di Fabrizio Corona che sentire la definizione d’identità italiana in un convegno di architettura.

Ma non vorrei essere retorico o scadere nello sport preferito da molti italiani, ovvero l’opinionismo.

Ieri Pier Luigi Celli ha pubblicato una lettera indirizzata a suo figlio su Repubblica ‘"Figlio mio, lascia questo Paese", in poche ore nella sezione on-line sono arrivati 600 commenti oggi siamo a 2140.
Link: http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/celli-lettera/celli-lettera/celli-lettera.html#commentatutti

Ho spulciato questo imprevisto e spontaneo racconto ‘italiano’. Ed ho stralciato delle storie.
Le riporto alcuni commenti, dove può trovare la mia risposta alla sua domanda:


È quello che penso da circa 15 anni, cioè da quando sono uscito dall'Università con una laurea in architettura per la quale già nutrivo un forte senso di sfiducia. Come per tutte le professioni anche questa in Italia è appannaggio di caste, e lo si vede già negli atenei dove i figli dei figli..... Il tempo ha confermato la mia angoscia. Le Amministrazioni di qualsiasi colore politico "regalano" gli incarichi agli amici degli amici in barba a tutte le leggi. Oggi sono padre di tre figli che cominciano a fare domande sulla giustizia con la sfrontatezza e la purezza propria dei giovani ed è duro spiegare le regole e poi far capire loro che in Italia "è tutto DIVERSO". Mi auguro e auguro fortemente a loro un carriera, ma soprattutto UNA VITA fuori da questo paese, visto che per me e tanti altri 30 anni sono serviti solo ad annientare il coraggio e la voglia di ribellarsi e di continuare a lottare per qualcosa di "NORMALE".
Inviato da guerriero911 il 30 novembre 2009 alle 10:40

Sono le identiche, amare parole che ho detto a mio figlio, studente di architettura, nel momento in cui ho realizzato la deriva forse irreversibile di questo nostro povero paese. Ma che tristezza.
Inviato da bi59 il 30 novembre 2009 alle 13:00

Veramente una lettera stucchevole. Vengo da una famiglia di umili origini, mi sono laureato anch'io in Ingegneria, svolgo da anni, e dopo anni di gavetta, la libera professione con una qualche soddisfazione. Vedere che una persona come Celli scrive certe cose al figlio viene voglia di dire: ma finora, in che mondo è vissuto? Doveva pensarci prima al figlio, non ora che si accinge a cimentarsi in un mondo come quello che conosciamo. Si può fare il papà anche e soprattuttto preparando un mondo migliore per i figli. Comunque, il Dott. Celli dia il mio indirizzo mail al figlio (torsella@libero.it), proverò a spiegargli alcune cose che, chi ha vissuto in un mondo ovattato come probabilmente avrà vissuto lui, ancora non sa. E soprattutto ci faccia sapere, il dott. Celli, quale sarà il primo lavoro che andrà a svolgere il proprio pargolo. Il mio, in uno scantinato in uno studio di architetti che pagavano stipendi indecorosi e, particolare non secondario, vedevo la luce del sole raramente.
Inviato da torsella il 30 novembre 2009 alle 14:18

Salvatore D'Agostino said...

Seconda parte:

Scrivo questo commento dopo aver appreso pochi minuti fa, ad esempio, che una Amministrazione locale ha emanato un bando per un incarico di 3 anni per una collaborazione esterna (di Architetto) per complessivi 50.000 euro nel quale manca solo il nome e il cognome del candidato futuro vincente. Come non dare ragione a Celli?
Inviato da ifrdon il 30 novembre 2009 alle 16:56

Negli USA da 20 anni, gli amici de Roma mo' me dicono "aho, hai fatto bene a annattene". A sentillo di', ho pensato che me sa che nun je piacevo. Pero' quanno lo vedo una vorta l'anno che faccio na rimpatriata, quello sta' davvero a pianje. A momenti je devo paga' er caffe', me racconta che arrivati a 40 anni, je arrivata 'a crisi personale. Se svejato un giorno, se visto 'o specchio, e se vergognato de vedesse. Co li genitori che l'hanno tirato su nel DopoGuerra co tutti li sacrifici, i panini co la mortadella, le enciclopedie a rate, in quattro dentro la seicento, mo questo e' architetto, geometra, dottore, ricercatore. Ma arrivati a 40 anni, se reso conto che dopo a porta 'e borse pe' dieci anni, e' ancora un precario. Me sembra de vede' la fine dell'italia descritta dall'antropologo Donald Pitkin nel libro "Mamma, Casa, Posto Fisso". Aho, famo l'aggiornamento ar libro, e rintitolamo "Addio Mamma, Casa, Posto Fisso"
Inviato da ersorcio il 30 novembre 2009 alle 18:17

Ho una figlia laureata in architettura, da quando e laurata lavora saltuariamente in nero ha 31 anni e non ha ancora un contributo previdenziale versato. Abita ancora con me e anche volendo non può smettere di fare la bamocciona, ora sta anche cerado lavoro come commessa.Sono daccordo questo per i giovani ,ormai e un paese sensa futuro anche io che sono un modesto operaio da tempo gli ho detto di andarsene via dall'italia
Inviato da ferraccio il 30 novembre 2009 alle 18:53

Laureata in Architettura con 110 e lode (sudatissimo e senza falsa modestia.. meritatissimo, dopo 10 lunghi anni di studio!), ora cultrice della materia all'Università (leggi lavoro nero di stato), commissioni d'esame e correzioni senza essere pagata e senza punteggio. centinaia di curriculum inviati, proposte di lavoro serio? Nessuna.. solo qualche collaborazione in nero su studi di "palazzinari" e ammanigliati (mi trattengo dal dire con chi)... ciò con la speranza che possa "uscire qualcosa". Come mi mantengo? facendo la cameriera nei pub saltuariamente e dando lezioni private. Vivo con i miei e per qualcuno sono una bambocciona. Dopo anni di questa vita e dopo aver visto emerite schifezze passarmi avanti solo perchè figli di e raccomandati da o apartenenti a questo o quel partito politico.. dico andate tutti a..... Io me ne vado!
Inviato da eleonorapimentel il 01 dicembre 2009 alle 09:08

Un caro saluto,
Salvatore D’Agostino

marco+pasian said...

salve... sono scivolato qui, seguendo le orme in rete di Salvatore D'agostino... sono architetto, vivo di edilizia, ma non ho rinunciato a sperimentare (con opla+)... però rispetto ad un'opinione sul convegno di Firenze, non so' se sono all'altezza... e non so se francamente mi interessa l'identità dell'architettura italiana vista dal mondo accademico... preferisco navigare la rete e pescare intuizioni intelligenti...

Antonino Saggio said...

Caro D'Agostino,
lei merita una parola di sincera ammirazione. Sia per il suo Blog http://wilfingarchitettura.blogspot.com/ e se non fosse altro per quella battuta sull'opinionismo. Daltronde il dettaglio è la chiave sempre percapire, giusto? Chi cerca di insegnare (come sa è la mia professione) è naturalmente preoccupato della pura informazione e della sua diretta discendenza "l'opinione!". Ma pochi vogliono fare fatica, come lei fa, meglio surfare nella infoopinione. Ma qui il problema di cui trattiamo è molto molto più serio della facezie. Come cercare di chiudere almeno un poco il compasso tra il mondo universitario basato per legge ! sulla Meritorcrazia e sulla Trasparenza e gli esiti?. Sa che la Sapienza è la 200 e passa università al mondo, sa che il rank della presenza degli stessi cognomi sfiora il 20 per cento (alla Bocconi è lo 0,04, cito a memoria ma segua Roberto Perotti, economista che parecchio ha studiato la faccenda). Il problema è cosa fare davanti al cataclisma. Intanto io vado oggi alla manifestazione. Essere anche un numero vuol dire. E naturalmente su tutto questo torniamo.
Un caro saluto veramente.

Giulio Castorina said...

L'identità è una questione prima di tutto etica, non sociale.

Antonino Saggio said...

Ho letto i commenti raccolti da D'agostino e sopra riportati. Il quadro è più o meno questo. Bisogna andare naturalmente più a fondo del termine famiglia, quella che sostiene i ragazzi senza lavoro dopo una meritata laurea, quella che permette di andare a studiare all'estero e quella che non può permetterselo, quella che organizza le prebende eccetera. Naturalmente andare a fondo, costruire delle forti e radicate conoscenze! e non delle opinioni, è un percorso non immediato. Questo video è solo un'inizio. L'ho fatto oggi, che è una data importante. Spero di avere la forza e la lucidità di farne molti altri
http://www.youtube.com/watch?v=TVIyf4-CUuc

Salvatore D'Agostino said...

Antonino Saggio,
Mario Perniola nel suo ‘Contro la comunicazione’ suggerisce il disinteresse, la discrezione e la moderazione come antidoto contro l’opinionismo/comunicazione virale.
Recentemente lo stesso Perniola sulla rivista Agalma (n.17-marzo 2009) afferma: «L’Italia si rivela ancora una volta un laboratorio socio-politico di grande interesse: l’autismo comunicativo acquista un carattere epidemico e una fisionomia collettiva nell’antipolitica di un comico, Beppe Grillo, il cui blog riceve qualche migliaio di commenti ogni giorno. Questi riesce a mobilitare centinaia di migliaia di persone, spostandole dalla tastiera del computer alla piazza, all’insegna dello slogan più banale e triviale: “Vaffanculo!” In questo modo gli “incazzati in pigiama” si sottraggono alla noia e ritrovano una pseudo-identità, in una specie di “autismo di massa”, che costituisce un fenomeno differente dal populismo, dal qualunquismo e dal moltitudinismo.
Ma cosa c’entrano i blog e Beppe Grillo con la letteratura e con l’arte? Essi sono il prodotto finale, la forma compiuta, il punto d’arrivo di un disastro che è cominciato molto tempo fa e che può essere definito come il dissolvimento dell’opera nella comunicazione. Il proliferare bulimico di scritture che pretendono di essere in presa diretta con l’attualità registrandola nel momento in cui avviene comporta conseguenze clamorose sulla letteratura, rendendola impossibile. L’autismo comunicativo toglie ogni autorevolezza all’autore, contrae il passato e il futuro in un presente effimero, spezza ogni rapporto con una dimensione storica collettiva la quale implica l’esistenza di un significato che va aldilà della mera cronaca.
L’ origine dell’autismo dell’immediatismo e del presentismo dei blog sta nel Romaticismo, che ha attribuito all’autore la pretesa di avere nei confronti delle proprie opere un atteggiamento ironico ed ha assegnato alla soggettività infinita un primato assoluto nei confronti di qualsiasi prodotto».
Link ---> http://www.agalmaweb.org/editoriale.php?rivistaID=17

Ciò che non mi convince del filosofo è la lettura ‘troppo elitaria’ nei confronti dei blogger.
Io credo che (alcuni e forse rari) blogger sono ‘disinteressati’, ‘discreti’ e ‘moderati’:

Salam Pax è stato l’architetto iraniano che durante la prima guerra irachena di Bush padre, con il suo blog raccontava ciò che avveniva senza i filtri della stampa ‘militare’;

grazie ai blogger iraniani (non uno ma molti) in Iran c'è in atto (concretamente) una piccola rivoluzione culturale;

Anna Pacifica Colasacco ovvero Miss Kappa molti mesi prima del terremoto dell’Abruzzo postava articoli, dove raccontava la sua crescente paura nei confronti di scosse sempre più frequenti e violente. Si lamentava del silenzio della stampa sui fenomeni che viveva quotidianamente.

Il ‘NO B Day ‘è nato grazie ai blogger e ai social network (pare che in Francia vorrebbero imitarlo con il ‘NO S Day’).

Per carità, nessun elogio nei confronti dei blogger (moltissimi amano parlare del loro ombelico), ma i racconti dei blogger, di facebook, i cinguettii di Twitter non possono essere sottovalutati o etichettati come fenomeno alla moda (concetto amato dai giornalisti ‘riempitivi’ della TV).
Apprezzo la sua chiosa finale che condivido pienamente: « Naturalmente andare a fondo, costruire delle forti e radicate conoscenze! e non delle opinioni, è un percorso non immediato».
Dal mio punto di vista significa abbandonare in toto la logica del giornalismo ‘notizia che tira (pilotata)’ e cominciare a riflettere con lentezza ma con grande determinazione sulla complessità del nostro tempo.
Significa capire i ‘bug’ dei semplificatori e dei populisti.
Saluti,
Salvatore D’Agostino

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