Thursday, November 27, 2008

Lezione al Poli Mi Laboratorio Tartaglia e Ferrara


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7 comments:

Anonymous said...
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Anonymous said...
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Unknown said...

Caro Antonino,
ho molto apprezzato il tuo intervento oggi nelle cantine del Politecnico, anche se lo scopo evidentemente era di allargare le vedute e non sei andato troppo in profondità. Un po' di stimoli, a cercare. Questi studenti sono troppo pigri, forse per questo non è giusto imboccarli con altre immagini, altrimenti la digestione li rende ancora più sonnolenti. Questo era il senso della mia domanda.
Visto il clima, non ti ho fatto la vera domanda, che ti faccio ora: siamo in una fase di Late Style, come ci dice Eisenman nel suo articolo su Casabella, fase di stimoli e direzioni di ricerca diversificati, di eclettismo, contenente i germi per la futura rivoluzione? O questa c'è già stata, in architettura, come il titolo del tuo libro indica?
Io non ho capito. Perchè davvero le direzioni di ricerca sono tante e così diversificate che non riesco a individuare qualcosa di epocale come poteva essere l'astrazione moderna del '20. Eisenman sempre nel suo articolo dice, provocatoriamente, che in fasi come questa bisogna rivolgersi indietro, allo studio della storia. Ci dice che nella storia dell'architettura possiamo scoprire come la condizione di autonomia architettonica abbia saputo nelle fasi di svolta farci staccare dalla realtà verso nuovi lidi. Staccarsi dal reale per trovare nuovi possibili. Novità non fini a se stesse come tanta architettura dell'archistar da pixel: ho scelto questa forma perchè riesco a disegnarla al computer, e tanto basta. Scarsa frizione. In effetti non mi sembra possibile che sia così il nuovo, non attiva il presente, il passato. Lascia il tempo che trova. Tanto ci sarà sempre un'altra forma, dopo.
Tu dici che l'architettura tratta "le problematiche del reale", e bisogna essere super aggiornati, cavalcare l'onda per traguardare il nuovo. Dove sta l'azione sociale? Nell'affrontare le condizioni reali, i problemi, le case per i poveri infra-free, o nel contribuire a cambiare la nostra concezione della realtà? Come consideriamo il pubblico, quale pubblico?
Io mi sono dato per ora una risposta: magari entrambe le cose. Peccato che il tempo sia poco e per ora stia lavorando solo sulla seconda ipotesi.
Se voglio essere autocritico: è una certa forma di lavoro snobistica, molto poco socialmente utile, nel caso si consideri un'impostura intellettuale l'impostazione del problema data da Eisenman. Socialmente attivo nel far credere che il possibile sia, al contrario. Mah. Ciò costituisce un problema pratico nella ricerca delle commesse. Per chi lavorare? Forse bisognerebbe solo seguire l'indole e quello che uno vuole, o sa, fare senza porsi problemi etici e morali. Forse che si, forse che no.

Gugliemo: "Non ci è lecito porre limiti all'onnipotenza divina, e se Dio vuole potrebbero esistere anche gli unicorni. Ma consolati, essi esistono in questi libri, i quali se non parlano dell'essere reale parlano dell'essere possibile."
Adso: "Ma bisogna dunque leggere i libri senza far ricorso alla fede, che è virtù teologale?"
Guglielmo: "Rimangono altre due virtù teologali. La speranza che il possibile sia. E la carità, verso chi ha creduto in buona fede che il possibile fosse."

Intanto mi comprerò il tuo libro per confondermi un po le idee e ti saprò dire.

Grazie per la tua lezione, a presto

Lorenzo Degli Esposti
Milano, 27 novembre 2008
lorenzo@dearchitetti.it

Anonymous said...

Non credo sia possibile capire se siamo nel bel mezzo della rivoluzione informatica oppure no.Mi spiego meglio.E' già avvenuto
un cambiamento epocale nelle generazioni di progettisti che hanno imbracciato un pc sotto mano e che senza rendersene conto hanno compreso questo "non spazio" che la rete e che l'informazione è in grado di creare.Ma questo evidentemente esisteva ancora prima di essere "scoperto".Prima ancora che un pc codificasse "le regole" di questo spazio-informazione,la sua esistenza era già implicitamente lecita.La forza di una simile rivoluzione sta proprio nella naturalezza e nella velocità della sua diffusione a livello planetario.E' ormai frutto di esperienza consolidata e ha generato così tanti "atteggiamenti" progettuali,"tendenze" e linguaggi differenti che credo sia piuttosto "ingenuo" parlare di Late Style,attendendo qualcosa di + carico di significato di quello che è già in atto.Tendenze e non + stili.Linguaggi (come innumerevoli dialetti) e non + avanguardie.Non credo che ci si potrà attendere qualcosa di ancora + forte e roboante che possa segnare "una" via dominante.Il pluralismo degli atteggiamenti progettuali è una forza da non trascurare di fronte alle solide fondamenta che la storia ha sempre offerto.E' pure vero che il comprendere un' epoca richiede uno sforzo di astrazione che solitamente risulta essere corretto soltanto quando sono trascorsi diverse decadi e si è in un altra fase.Ma è questo lento e impercettibile mutamento la cifra dei prossimi cambiamenti in architettura, e non un bang quello che ci aspetta.Nel frattempo non resta che leggere tanti testi come quello del prof,Saggio e cercare di prepararsi come professionista sempre + qualificato e in grado di utilizzare qualsiasi nuovo strumento la tecnologia possa offrire.Quindi non soltanto di" affidarsi alla speranza che il possibile sia" ma cercando di unire alla solida pratica progettuale ,degli strumenti interattivi concreti.
Questo è uno dei tanti stimoli che questa lezione ha sollevato.

Lorena said...

Ho studiato la lezione del prof.Saggio a Ferrara e provato da me a dare delle risposte ai quesiti che il commento di Lorenzo pone.Lascio le mie riflessioni con tutta l'ignoranza che l'essere studenti porta con sè.
Lorenzo scrive:"siamo in una fase di Late Style (...).O questa c'è già stata, in architettura, come il titolo del tuo libro indica?" A me viene in mente il concetto di "spazio non visivo" di Mc Luhan,lo spazio percepibile attraverso tutti i sensi tranne la vista ,il "campo visivo simultaneo",lo spazio senza gravità (di cui parla lo stesso Mc Luhan affascinato dai primi voli nello spazio)..lo spazio in cui vive (come afferma la prof. A.Muntoni) un ragazzo che ascolta le cuffie,il quale passeggia su un suolo ma vive lo spazio immaginario che la musica gli apre.Questo spazio è mai entrato nell'architettura?E se si allora vorrà dire che la rivoluzione informatica è già in atto? La lezione di Mc luhan arrivò diritto a Johansen,il quale creò forse per la prima volta il "GAP",cioè lo spazio tra le parti ,il vero web-space..in un'architettura (Mummer Theatre)fatta di circuiti di percorrenza,cellule funzionali e telai strutturali. E per questo che mi viene da dire che nn siamo nella fase pre-rivoluzione ma che a distanza oramai di diversi anni forse siamo nella vera e propria rivoluzione.
Eppure Lorenzo scrive:"Perchè davvero le direzioni di ricerca sono tante e così diversificate che non riesco a individuare qualcosa di epocale" e a questo io mi sono risposta dicendo che forse questa rivoluzione non sarà trainata da un motore unico,ma l'evento sarà il vero protagonista,lo scontro casuale,ossia il generatore di instabilità..(mi viene in mente il Guggenheim museum di Gehry).
Eppure in questo caos alcune tendenze forse sono abbastanza chiare: l'high tech per esempio che a differenza della Torre Eiffel (a fine 800) non serve solo a mostrare se stessa ma diventa il fulcro di un mercato globale.Oppure il minimalismo di Toyo Ito...oppure anche il fare paesaggio artificialmente.. Sono tutte tendenze a mio avviso date da questa nuova e grande rivoluzione per cui la stessa architettura cambia se stessa e la maniera di viverla e di farla.

Lorena said...

Mc Luhan in "Understanding media" del 1964(tradotto in Italia nel 1969 con il titolo: "Gli strumenti del comunicare") scrive:"Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico dell'elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio" e ancora: "In una capsula spaziale non c'è nè dritto nè rovescio,nè sopra nè sotto".."lo slum è lo spazio più all'avanguardia della nostra società;esso include tutti i sensi.L'arte d'avanguardia crea spazi che sono esattamente come gli slum".In un articolo della prof Muntoni si legge che all'epoca MacLuhan era direttore del "Center for Culture and Tecnology" all'università di Toronto,egli accolse Jonathan Barnett e gli mostrò le ricerche che stava compiendo in merito a queste tematiche,concetti che poi Barnett pubblicò in "architectural record" (pp 151-152,marzo 1967) con il concetto di "NOT VISUAL SPACE".

Lena said...

Ten wpis dał mi wiele do myślenia.