Tuesday, March 14, 2006

Forza trainante e mixité in nuovi progetti per la città dell’informazione. Intervento al Convegno “Roma: da Città Eterna a Capitale del Futuro"


Ascolta l'intervento 28 minuti

La cosidetta Terza ondata investe non solo i campi dell’economia, del potere e dei costumi ma anche la struttura stessa della città contemporanea.
E’ un fenomeno sotto gli occhi di tutti in gran parte delle metropoli mondiali. Roma, città della storia per definizione, può misurarsi con la sfida della contemporaneità senza perdere le sue specificità anzi esaltandole ancora di più. In questo quadro l’intervento del Professor Antonino Saggio de La Sapienza Facoltà di Architettura Quaroni illustrerà i principi guida di alcuni progetti innovativi redatti in questi anni per la città di Roma all’interno della sua cattedra. Sono progetti che propongono temi nuovi: la città dell’informazione, la città ludica, la città dell’ambiente e altri ancora e che spesso usano l’orizzonte e i metodi legati all’Information Technology. Molti di questi progetti possono essere esaminati sul sito de la Sapienza dedicato ai progetti.
Vedi le immagini della conferenza

10 comments:

Anonymous said...

Stefania G. pensa che:
A) tutti gli interventi dei conferenzieri sono stati arricchenti e tre verranno riassunti.
Secondo l’urbanista U. De Martino Roma non è solo il centro storico, o il territorio comunale ma l’area metropolitana. Questa enorme periferia incompiuta e degradata ormai abbraccia i comuni limitrofi in cui crescono residenti/pendolari verso Roma in cui rimangono attrezzature,servizi,lavoro…ecc. La città reale è diversa da quella amministrativa e su di essa la giunta capitolina non può intervenire. Tutte le nuove grandi opere sono all’interno di Roma mentre occorrono, per rompere la monocentralità, interventi a corona nei comuni vicini che hanno ambiti storici, paesaggistici…ecc. da valorizzare come es. il Comune di Tivoli in cui la presenza di Villa Adriana, Villa D’Este, le Acque Albule…ecc. con interventi politico-economici forti contribuirebbero a trasformarlo da nuova periferia a nuovo centro.
L’arch. A. Saggio, premesso che oggi viviamo nella città dell’informazione e che proprio di quest’ultima, divenuta realtà economica, si occupa la maggior parte della popolazione; ha sottolineato che i progetti urbani per essere efficaci devono avere una forza trainante con caratteristiche innovative nel mixitè di altre funzioni: attività produttive del terziario avanzato sull’informazione, commerciali, residenziali, infrastrutture che legano il progetto all’ambiente. La driving-force può essere la musica, l’ambiente e l’ecologia…ecc.
Per l’arch. L. Ruali, nella società odierna, a causa della rivoluzione elettronica, le capacità produttive sopravvivono in ragazzi che, in modalità hikikomori, vivono all’interno di stanze non supportate da tipologie edilizie adeguate. Egli sostiene che si potrebbero utilizzare i finanziamenti destinati ad un’opera costosa nel centro di Roma per realizzare numerosi piccoli interventi in periferia adottando un nuovo modo di abitare in cui convivano diversi ragazzi, dotati ognuno di un proprio spazio flessibile, insieme ad una persona anziana col compito di collaboratrice domestica. Quest’ultima così attivata peserebbe meno sulle casse dello stato. In definitiva la proposta vuole rinnovare sia la residenza sia i comportamenti dei fruitori.

B) I tre interventi, a scala decrescente, hanno riguardato l’urbanistica, la progettazione urbana e quella architettonica perché come affermava W. Gropius l’architetto deve occuparsi dalla progettazione del cucchiaio a quella della città essendo spesso le problematiche interconnesse. Condivido dei tre punti di vista sia l’analisi sullo stato attuale della città sia le idee propositive rivolte al suo futuro, ma ritengo un po’utopiche le scelte dell’arch. L. Ruali; in esse infatti intravedo:1) la difficoltà di far coabitare insieme, in spazi ristretti, persone diverse, 2) la situazione hikikomori al limite della malattia; un individuo completamente inserito in un mondo artificiale, virtuale e scollato dal mondo delle relazioni esterne e dall’ambiente naturale.

C) Ritengo che l’Auditorium di R. Piano esprima la mixitè di funzioni con la forza trainante della musica, l’effetto economico del Guggenheim di Bilbao ed una nuova estetica.
E allora perché non costruire un tale attrattore anche a Scampia o a Tor Bella Monaca?
http://www.ared.it/pagfoto/slides.php?a=Piano&b=AUDITORIUM(1)&c=ROMA

Antonino Saggio said...

Trovo molto apprezzabile il servizio di Stefania G.. Appena posso inserirò degli estratti audio dell'intervento.

Proseguendo la discussione anche dopo il convegno è emerso la necessità di discutere anche in classe di alcuni dei temi sollevati.
Ad esempio, perchè ho taciuto rispetto al caso Bilbao? Il mio silenzio è stato sicuramento errato. Preparatevi per i commenti in classe

Anonymous said...

Alberto riflette:
Roma: da città eterna a capitale del futuro?

Il tema del rinnovo della città di Roma e della sua Immagine è introdotto dall’urbanista Umberto De Martino; l’orientamento della capitale segue l’indirizzo comune alle grandi città europee, di localizzare sul proprio territorio interventi alla scala urbana, spesso di respiro internazionale, dotati di un’immagine forte e di notevole forza trainante per la crescita dell’Intorno. (1)
Una crescita effettiva non può prescindere dall’indurre lo sviluppo di una rete di centralità propulsive, alternative ma complementari al Centro, distribuite all’interno dell’area metropolitana, la “città reale”.
Secondo il professore Antonino Terranova, l’architettura è in realtà poco presente a Roma, gli interventi sono simbolici, figure retoriche come i sette colli; andare “oltre” è guardare la città da fuori, non guardare fuori rispetto al Centro.
Terranova tratteggia una Roma immobile, nostalgica, la Roma dei salotti e delle terrazze, delle contraddizioni mai affrontate, ma sedate e coperte sotto le memorie storiche.
Oltre ai “grandi mostri” urbani, fuori porta esistono già altre Centralità; si può partire dai caratteri dei luoghi storici dell’area metropolitana per costruire le nuove centralità locali alternative, senza per questo ridimensionare il Centro.(2)
La professoressa Valeria Giordano, descrive una città luogo delle contraddizioni, del paradosso e del conflitto; il linguaggio è una città (Ludwig Wittgenstein), la città uno stato mentale.(3)
“Il linguaggio è una città ma anche la città è un linguaggio,” il professore Antonino Saggio amplia l’immagine. Siamo di fronte alla “Terza Ondata” indicata da Toffler, “The third wave”; la città dell’informazione non è più metafora ma città reale, rete ramificata in cui i nuovi progetti, necessariamente concepiti già alla scala urbana, propongono temi innovativi e contengono una forza trainante (driving force) caratterizzante per lo sviluppo della città contemporanea, fondata su un insieme di funzioni integrate (attività produttive, residenziali, commerciali, infrastrutturali e per il tempo libero) in cui l’intervento specifico configura una miscela di volta in volta unica in relazione alle specifità del progetto ed al contesto.
Francesco Rubeo, direttore area di Risorse per Roma S.p.A., in antitesi con Terranova, vede una Roma in crescita e in movimento, che comunica un’identità, è capace di attrarre risorse, di sviluppare qualità della vita, di offrire opportunità; decisa a misurarsi con le capitali europee, si rinnova e impiega tutte le risorse della comunicazione disponibili per raccogliere il consenso sulle iniziative.(4)
Giorgio Muratore, professore, citando l’esperienza degli ex-mercati generali e dell’Ambra Jovinelli, apre il tema della Valorizzazione e del Recupero delle emergenze, attraverso interventi di reale valore e contenuto che non vestano manomissioni a fine speculativo.
La necessità di preservare l’esistente, quando perviene magari integro ai nostri giorni, impone il rispetto dell’atmosfera, del colore, dei profumi, dell’Immagine complessiva, dell’Oggetto in sé, di quanto ha rappresentato per la cultura della città e del mondo intero.(5)


(1) Restauro, Recupero, Riqualificazione e Innovazione appaiono aspetti diversi di un approccio unitario nei confronti della gestione del territorio, uniforme e omogenea ma distinto secondo le specificità contestuali o locali; i valori penetrano nelle case, nelle abitudini quotidiane, nelle coscienze dei cittadini, a partire dai monumenti nel sottosuolo romano fino alle grandi opere della contemporaneità, nei centri storici, nelle periferie, nell’area metropolitana e oltre…

(2) Lo stato generale dei Beni Culturali (il complesso della Domus Aurea di nuovo chiuso per restauri, attesi 5 milioni di euro, la scalinata di Villa Adriana reinterrata dagli archeologi a protezione dalle intemperie e dai ladri, in attesa di finanziamenti) non fa pensare ad una città soggiogata dalla nostalgia per l’antico in contrapposizione con il contemporaneo, in contrapposizione con l’Auditorium di Piano, l’Ara Pacis museum e la Chiesa del Dio Padre Misericordioso di Meier & Partners, il nuovo Centro Congressi di Fuksas, il Maxxi di Hadid, la Cittadella agli ex-mercati generali di Koolhaas, interventi spot affidati alla cura di “grandi firme”, che pure, talvolta, soffrono un’economia precaria (par condicio...).

(3) La nuova comunicazione oltrepassa i confini di spazio e tempo, il corpo ibridato dalla macchina, apre nuovi mondi, oltrepassa i confini naturali ma non annulla il mondo reale delle pietre che parlano, il gioco sapiente rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce, un tramonto, il traffico della città e i cassonetti e la spazzatura.
Internet non sarà, speriamo, Matrix.

(4) Pochi interventi localizzati, spot, non hanno forza sufficiente per cambiare l’immagine della città e lo stato reale, per sostituire l’icona del Colosseo con quella dell’Auditorium, isolati come sono all’interno del “sistema” non certo omogeneo della Capitale, localizzati casualmente secondo opportunità contingenti ma non connessi con i legami forti propri di un layout definito e coordinato a tutti i livelli e non a salti, un Piano Regolatore organico, se necessario, coraggioso.

(5) La Quercia del Tasso non è solo un albero, è un profumo, un luogo letterario e un luogo dell’anima e della memoria, giunto ai nostri giorni nel suo intorno; tuttavia non è certo il Colosseo, pure trasformato in una rotatoria, o la villa romana del Granicolo, i cui reperti sono stati ri-collocati e custoditi in una discarica alla periferia della Roma del Giubileo, e neppure la sfige di Villa Adriana, reinterrata per essere preservata…
Persino un semplice albero, simbolo e luogo della memoria, può divenire elemento trainante, imprimere una forza intorno a sé, produrre cambiamenti e divenire Risorsa, in una città straordinariamente densa di Luoghi, Memoria, Emergenze e Monumenti; Roma, da esaltare e trasformare in Risorsa in modo unitario, alla scala della Città Metropolitana;
La Modernità del nostro tempo dovrebbe essere lo Spirito Nuovo attraverso cui gestire il Recupero della Fabbrica della Città, Risorsa complessiva in crescità, che deve essere dotata di infrastrutture e connettivo insieme alle moderne grandi opere di richiamo internazionale, senza perdere, anzi esaltando, la memoria di sé.

Il contemporaneo può convivere con l’antico.
Le prime immagini del cantiere dell’Ara Pacis Museum sembrano una metafora del cuore antico della contemporaneità, e del lungo percorso che tuttora ci separa da una cultura Moderna del reale Rinnovamento della Città, per traghettare Roma, da città eterna a capitale del futuro.

http://www.architettiroma.it/nocomment/arapacis.html

Anonymous said...

Ho trovato veramente poco stimolante per non dire avvilente l'intervento di alcuni invitati. Ho sentito lanciare una serie di giudizi a volte gratuiti piuttosto netti su diverse architetture ( es.Bilbao) senza però avere una controproposta, nessun progetto, un'idea, ma solo ancora domande, domande...Un bla, bla, bla di discorsi per lo più autoreferenziali, un'appiattimento intellettuale. Ma quale dibattito non c'è stato nessun dibattito ma solo menti chiuse, blindate nelle loro "piccole" posizioni. Una corte di accademici...i nostri professori della Facoltà di Architettura.
Chi doveva parlare di architettura non l'ha fatto, ha solo teorizzato, chi invece, per formazione ne era più distante ha apportato dei contributi stimolanti a volte illuminanti, pregni di significati come quello della Giordano e di Canavacci.
Mi spiace di non essere intervenuta di non avere espresso quello che pensavo ma quando si ha a che fare con degli accademici conservatori così poco elastici non è facile trovare il giusto modo di porsi, di confrontarsi...
Ecco un'occasione di CRISI!
Rosetta Angelini

Anonymous said...

Aurora tituba:

"..tutto molto interessante.
Ma ciò che mi ha colpito di più è stato prima l'intervento della prof.sa V.Giordano che attraverso il pensiero filosofico di vari Autori dava una visione allucinata della città, che si è in crisi, ma un ottimista come me non la riconosce come Lei la descrive.
Altro intervento interessante, seppur inquinato dalla scarsità del tempo, è stato quello del prof. A.Saggio che attraverso la visione dei progetti architettonicourbanistici di alcune Tesi di Laurea, intendeva forse trovare una Via d'Uscita per la "Crisi...?"
E poi l'intervento dol prof.Secchi che con Corviale mi ha riportato indietro nel tempo quando da adolescente vivevo, o meglio Subivo la periferia.....transeat!
Nell'insieme ciò che m'è rimasto negli occhi è la Confusione, ma non perchè i relatori non siano stati chiari, perchè trattasi di una confusione dovuta alla Crisi architettonica in cui Roma versa..
da quanto tempo oramai? Tutti abbiamo in mente idee risolutive o quasi, ma tra il dire e il fare.. come dice il proverbio, i fatti salienti alla fine sono: Corviale, che in fondo ormai è solo un Simbolo=Modello..
by Aurora Rocchi 2006

Anonymous said...

Roma: da Città Eterna a Capitale del Futuro - tra nuove prospettive e vecchie paure

Roma da sempre si pone al centro del dibattito architettonico italiano, per via del suo indubbio valore storico, economico, politico, di complessità, stratificazione e di continue contraddizioni, e il convengo “Roma: da Città Eterna a Capitale del Futuro - tra nuove prospettive e vecchie paure”, organizzato dalla giovane associazione U:maed presso la facoltà di Scienze della Comunicazione è riuscita, grazie alla quantità e qualità degli interventi, a rendere in maniera molto significativa tutta la complessità incarnata dall’Urbe come tema di dibattito.
Il problema dello sviluppo futuro a fronte dell’esperienza accumulata dal passato ci pone di fronte a una molteplicità di visioni propria della nostra contemporaneità, e che proprio per questo dovremmo tenere tutte in considerazione. A un problema talmente stratificato e complesso come quello rappresentato da Roma non si può rispondere con una ricetta univoca. Sicuramente è emerso il desiderio della città di emergere nel panorama internazionale non solo come polo di attrattiva storico-culturale, che porterebbe a una declassazione della città a mera attrazione turistica, e ci si pone il problema di come attuare il traghettamento verso il nuovo millennio.
Dal punto di vista urbanistico, come evidenziato dall’ing. Umberto De Martino, che ha aperto il convegno, il problema è quello di un decentramento del residenziale a fronte di una persistente centralità dei servizi, e laddove i mezzi di comunicazione non riescono a far fronte al flusso umano che ogni giorno invade la città emerge la necessità di formare nuovi poli “alle porte della città”: i limiti sono più amministrativi che strutturali, in quanto ci si trova nelle condizioni di gestire un ambito territoriale ben più ampio del confine di intervento comunale.
Scendendo di scala, vediamo come si tenti di superare l’immobilismo che ha caratterizzato gli ultimi anni con grandi opere, cercando una sorta di “effetto Bilbao” con grandi opere quali l’Auditorium o il MAXXI nel quartiere Flaminio, dimenticando però che l’operazione di rilancio della città spagnola si basava anche sul contesto nel quale veniva applicata, e che a parità di intervento gli effetti a Roma saranno sicuramente diversi rispetto a quelli ottenuti in una città post-industriale in declino.
A fronte di questo abbiamo il problema della valorizzazione del patrimonio esistente, spesso attuata in maniera ammiccante al marketing piuttosto che al recupero di valore storico - un atteggiamento in un certo senso da mercificazione di un patrimonio da sempre idealmente impossibile da valorizzare come quello artistico – e la necessità di un confronto con le soluzioni “moderne” date ai problemi della città, ora che la loro modernità si è esaurita sotto il peso dei decenni: l’esempio paradigmatico è quello del Corviale, che ci introduce alla seconda parte della conferenza.
Il mastodontico edificio rappresenta quello che in passato era la sperimentazione di grandi contenitori sociali, in cui l’architettura si fondeva e confrontava (per lo meno nelle intenzioni) con la sociologia, forse portandolo all’ultima fase dopo la quale abbiamo l’esplosione del contenitore e la diversificazione delle sue parti.
Giunti al termine della soluzione del problema insediativo tramite collettivo, dopo le sperimentazioni che hanno caratterizzato il secolo scorso - vengono in mente il Karl Marx Hof viennese (http://data.greatbuildings.com/gbc/images/cid_1899451.jpg) e l’unità d’abitazione LeCorbusieriana (http://www.concorsofotografico.it/fotografare/foto/sett02/tema5/gcm1-02-5.jpg) – giungiamo al problema di confrontarci con quella che è la realtà del nostro tempo.
Rem Koolhaas vede nella stratificazione e nella complessità il vero valore del nostro tempo, e questo tipo di approccio è stato particolarmente evidente negli interventi che ritengo più interessanti all’interno del convegno, che forse in un certo senso si sono staccati da quello che è l’approccio classico – non a caso due sono stati fatti da persone estranee all’ambito della nostra facoltà di architettura.
La prof.ssa Valeria Giordano in un ispirante intervento indica una strada da percorrere riallacciandosi al tema Nietcheano della ricerca dell’oltranza, del superamento dei propri limiti, e tramite questo zaratustriano filo conduttore, con citazioni da Baudelaire, Wittgenstein e Zimmel arriva all’indicazione delle nuove tecnologie – telecomunicazioni e cibernetica – quali mezzo per trascendere i nostri limiti.
Sempre il mondo dell’Informazione viene indicato come strada da percorrere e cui dare la precedenza dall’arch. Antonino Saggio, che introduce i temi della “terza ondata” di Toffler per mostrare come attualmente sia proprio la gestione e la valorizzazione delle informazioni, della loro stratificazione e delle sue interconnessioni, un valore da ricercare e da tenere presente nella progettazione e nello sviluppo. La Mixitè (unione di 5 funzioni prevalenti: creating, exchanging, living, infrastructufing, rebuilding nature) e la valorizzazione delle Idee nella progettazione architettonica e urbana sono le strade da percorrere per un progetto che rispecchi la nostra contemporaneità.
Molto interessante è stato l’intervento dell’arch. Luca Ruali, che tramite un progetto pratico di abitazione per artisti sviluppata attorno alla dualità guscio (hikikomori) – azione (openspace) mostra come nel nostro contesto di frammentazione e diversificazione l’esperimento sociale del secolo scorso debba essere ridimensionato e diversificato, venendo incontro all’individualità emergente e dirompente che si afferma tramite il world wide web, spesso visto come accessibile vetrina di sé stessi oltre che mezzo di comunicazione che abbatte le barriere fisiche e concettuali. L’intervento in questo caso non deve essere a grande scala, come il Corviale o il MAXXI, ma a piccola scala, ricordando quasi i quartieri sperimentali dell’inizio del Novecento che si ponevano come tema la risposta alle esigenze – abitative – nel contesto post-bellico.
A conclusione il prof. Canivacci ha portato l’esempio della necessità di transito della vecchia concesione di metropoli come città industriale – le cui paure fin dall’inizio del secolo scorso erano state interpretate da Fritz Lang – alla nuova Metropoli della Comunicazione.

Anonymous said...

Valentina P. dice che:

A) Roma da città eterna a capitale del futuro?
Su questo interrogativo si sono avvicendati gli interventi degli invitati al convegno.
Diversi i punti di vista esposti tra i più interessanti ho notato i seguenti:
U. De Martino dice: “Roma una città o un area metropolitana? - Roma non ancora completamente città metropoli”
E’ ancora eccessivamente chiusa in se stessa, aumentano però gli insediamenti fuori le proprie mura. Mancano tuttavia delle centralità volte a sanare le ferite delle periferie, senza dover superare il g.r.a. ed entrare nel centro alla ricerca di lavoro, infrastrutture e servizi.
A. Saggio dice: “Roma, città della storia per definizione, può misurarsi con la sfida della contemporaneità senza perdere le sue specificità anzi esaltandole ancora di più.”
In questo contesto ha espresso il significato del “progetto urbano” come forza trainante e mixitè di funzioni, indispensabili nella cosiddetta terza ondata dove ci troviamo di fronte all’esigenza di una nuova struttura della città contemporanea.
R. Secchi dice: “Il Corviale pensato come un edifcio-città ma alla fine solamente un grande edificio”
L. Romito dice che “Il Corviale, un palazzo lungo un chilometro, rappresentava una nuova ideologia dell’abitare, che doveva rapportarsi con la storia trentennale del quartiere e dei suoi abitanti.”
Il problema del fallimento del progetto è che, in realtà, gli abitanti si trovano ad essere utenti di un servizio pubblico di pessima qualità ed economicamente insostenibile per l’amministrazione pubblica.

B) Il denominatore comune che si nota in questi interventi è sicuramente la necessità di cambiamento. Dal mio punto di vista una città sempre viva è una città che continua a riproporsi accettando l’alterità: l’esistenza dell’altro, passato e futuro. Conoscendo il passato, ma immaginando il futuro, questa, secondo me, è una città durevole e viva.
Bisogna saper abbattere le frontiere che separano la città dalla sua periferia, spingersi oltre quel confine mentale e fisico. Questo cambiamento deve essere ricercato in zone nuove, le periferie, che si espandono a tal punto da toccare ed inserirsi nei comuni limitrofi. Dunque seguendo il consiglio datoci da De Martino bisognerebbe creare lì, in queste zone, nuove centralità, per rompere la mono-attività della città, creando nuovi spazi per il tempo libero, servizi pubblici, zone verdi ecc… che abbiano una forza trainante come invece viene ribadito da Saggio nel suo intervento.
A questo punto vorrei inserire un breve commento per quanto riguarda l’edificio del corviale, un edificio che doveva essere una nuova ideologia di vivere, posto in una zona decentrata nel momento della sua realizzazione, ma assente di quella forza trainante data da un insieme di funzioni necessarie entrambi per la riuscita di un progetto, che credo non volesse essere esclusivamente un ennesimo edificio di residenze della città ma una città-edificio.
Aggiungerei per terminare che non bisognerebbe considerare la città come un prodotto finito, ma un organismo vivente in continua mutazione, alla ricerca di un equilibrio tra persone, attività e desideri.

C) La città di Bilbao testimonia perfettamente questo modo di pensare. La capacità di rivalorizzare una città come quest’ultima che era solamente conosciuta come città industriale o come una provincia di una regione dalle ricchezze naturalistiche fortissime, è riuscita a rivivere una nuova giovinezza grazie ad alcuni interventi mirati ricchi di una forza trainante e funzionale come il Guggenheim di Ghery, la metro di Foster o il ponte di Calatrava.

Anonymous said...

C)Mi scuso per arrivare fuori dai tempi richiesti,ma si è trattato di un problema tecnico ora risolto. A questo punto,visto che giungo dopo aver partecipato alla discussione di lunedì,vorrei provare a fare un sunto breve di opinioni espresse.E' risultato evidente un certo senso di stanchezza su alcuni argomenti dibattuti in conferenza.Certe problematiche investono "la città eterna" ormai da "tempi eterni"a loro volta(la paura del passato attanaglia!),con conseguenze di un pronunciato immobilismo,notato da tutti,addetti ai lavori e non.Il ruolo delle scelte di piano,il ruolo quindi della politica ha una rilevanza fondamentale,per i risvolti che si generano nella società,ad ogni livello.La difficoltà o la necessità(?) di cambiare volto a questa città "etrusca", ha creato più che altro situazioni di stallo e laddove si è agito polemiche.Eppure in questa Facoltà ci è sempre stato trasmesso un punto molto forte:ogni criticità è uno spunto di progetto,quindi ogni CRISI deve condurci ad un avanzamento, ad uno scatto in avanti;ma allora perchè non si agisce?le parole hanno fatto il loro tempo!Roma che fa ancora i conti con la sua Storia,neanche fosse una colpa,non regge più. Semmai quello che mi ha fatto riflettere è il ruolo dell'architetto in tutta questa vicenda.Ho sentito dire più di una volta che arriviamo sempre dopo,e proprio nella presentazione scritta della conferenza si dice che:"Roma decide di affrontare la sfida cambiando il suo look, comunicando un'immagine rigenerata ed innovativa, ANCHE attraverso l'architettura".ANCHE???. A caldo, queste frasi mi sono ronzate in testa fastidiosamente,poi,riflettendoci su ho cominciato a pensare che allora anche questa è una situazione di grossa CRISI , che merita una giusta meditazione.
C).Per quanto riguarda una scelta progettuale,piuttosto che indicare un'architettura in particolare, vorrei porre l'attenzione sul progetto"Porta di Roma"(IKEA già realizzato,superm.Auchan,multisala, ecc.)che nel suo "concept" di progetto dice di porre "un completamento alla città contemporanea frastagliata e sfrangiata".E' quindi questa una soluzione ad una CRISI?.

Anonymous said...

Mi inserisco in ritardo nella discussione effettuata lunedì per un semplice motivo: la fretta di dire qualcosa senza aver riflettuto in giusta misura mi avrebbe condotto in una polemica non pacata verso determinati argomenti. E quindi dopo un'adeguata digestione delle problematiche in questione mi accingo a dire la mia:
A) io penso, e nel dirlo mi assumo la piena responsabilità nel farlo, che ho dovuto aspettare il 5° anno di un corso di laurea in Architettura per sentirmi dire che "la progettazione moderna è quella volontà di superare una determinata situazione di crisi"; un assioma che condivido pienamente e che forse era già latente ma non riuscivo a formulare in una sorta di enunciato teorico, che però nasconde un riscontro prettamente pratico, volto alla soluzione di problemi concreti. Ovviamente di questo va dato il giusto merito al corso ed ai suoi docenti;
B) quando sento parlare di mummie, vecchi accademici che rimangono a formulare pensieri di un mondo ampiamente sorpassato, non posso non pensare però che essi sono fortemente radicati all'interno delle nostre Facoltà, e che hanno la possibilità di istruire le menti del futuro, ovvero le menti che dovranno costruire la Roma del futuro, o meglio le città del futuro, con discorsi tesi ad indagare se una "linea è meglio tracciarla retta o curva", come se si stesse lavorando su operazioni astratte;
C) quindi, stando ai due punti sopra riportati, penso che una "piccola" situazione di crisi stia alla base del meccanismo produttivo: ovvero la formazione.
Anche perchè se penso alla mia esperienza personale (e con questo non voglio farne una condizione assoluta) stento a ricordare dei contributi importanti da parte di molti professori alla mia formazione.
D) infine ribadisco che non è possibile arrivare alla fine di un corso di laurea per seguire un percorso filologico organico e fortemente motivato e radicato nelle problematiche reali come quello appena iniziato. C'è chi sosterrebbe la tesi "meglio tardi che mai", ma io a questa posso solo rispondere pensando a quante persone escono dalle facoltà di Architettura avendo avuto la possibilità di partecipare a qualcosa di così formativo, che non mi va neanche di denominare riduttivamente come "corso", ed esprimersi architettonicamente "senza barriere mentali sul cosa si può fare e cosa non si può fare".
Grazie per lo spazio concessomi e scusatemi se qualche volta mi sono espresso al di sopra delle righe o non mi sono attenuto ai temi trattati nella conferenza (anche perchè vari miei colleghi si sono espressi efficacemente sulle varie problematiche poste), ma purtroppo era una cosa che mi bruciava dentro da troppo tempo, come spero che sia per molti altri che per "quietanza" non si sono mai voluti esporre.

pay per head call center said...

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