Ho letto con molto ritardo “Vita” di Melania Mazzucco sulla spinta del mio amore per i suoi due libri dedicati a Tintoretto (“La lunga attesa dell’Angelo” e “Jacopo Tintoretto e i suoi figli”). Queste righe possono essere utili a chi vuole seguire le mie tracce (il libro, Rizzoli Bur, è anche su Kindle).
In una parola “Vita” di Melania Mazzucco onora il Romanzo.
In una parola “Vita” di Melania Mazzucco onora il Romanzo.
Da una parte il libro è un romanzo classico. Tratta di due bambini che emigrano insieme da Tufo vicino Minturno per l’America all’inizio del Novecento. L’esistenza di Vita la bambina, e Diamante, il bambino, è ripercorsa “ad elastico”: ora l’una, ora l’altra, ora insieme. Del genere romanzo vi sono le straordinarie descrizioni degli ambienti e della città di New York, la desolazione dell’America interna, la moltitudine dei personaggi, l’intreccio delle vicende, i colpi di scena. Anche del genere romanzo è l’accuratissima ricerca storica e d’archivio. Ma Melania Mazzucco contemporaneamente sfida i limiti del romanzo come se camminasse su una corda o ne cucisse alla trama principale grande pezzi altri e nuovi. Inverte le sequenze temporali, cambia il focus dai protagonisti principali ai comprimari, ma soprattutto il libro diventa contemporaneamente una sorta di albero genealogico della sua stessa famiglia, per cui la storia storica dell’emigrazione italiana in America si intreccia con la storia della propria famiglia e con quella personale. In questa sorta di tessitura omerica lei, donna e autrice, si tiene sempre completamente nascosta. Mai un personalismo, mai una autoreferenzialià. La lezione di modestia e riserbo di Melania Mazzucco, certamente tra i più rilevanti scrittori italiani di questi due decenni, appare rara e significativa. Insomma leggetelo ”Vita” e se non vi piace datemene tutta intera la colpa.