Saturday, December 20, 2014

Blake, Mortimer e i layer


Mi è ricapitato tra le mani un libro di Umberto Eco, La Misteriosa Fiamma della Principessa  Loana... Forse a qualcuno sarà capitato di leggerlo. si tratta apparentemente di un romanzo, in realtà è una sorta di autobiografia dei tempi della pre adolescenza del grande autore e studioso.

 
Il posto da gigante in questo libro, lo svolgono i fumetti. Fumetti di cui Eco è stato, forse con Oreste del Buono, il più grande sdoganatore in Italia. Quando lui, nato nel 1932 alla metà degli anni sessanta li sdoganava, io, nato nel 1955, li leggevo. Ma ecco il problema, o meglio la crisi. E' uscito alcune settimane fa un nuovo episodio del mio fumetto preferito. Siamo nel 2014, come spiegare a me stesso e forse anche a qualche amico, questo intenso interesse, il grande piacere di questo arrivo?


Possiamo certo intrecciare la chiave culturale (gli strumenti del fumetto sono condivisi con altri più nobili media .. il racconto, l'illustrazione, il cinema, la fotografia ) oppure il dato sociale (in Italia quasi ce ne si vergogna un poco a leggerli, mentre all'estero e, in Francia in particolare, fa comunque fico..  e da decenni) oppure vedere la cosa dal punto di vista puramente edonistico .. (mi fa piacere e basta), oppure un poco come faceva Cedric (lo faccio "io" da eccentrico e quindi tu, condividendo, appartieni allo stesso club d'elite, per esempio cigaro e cynar).
Ma nessuna di queste interpretazioni mi piace e ne cerco un'altra.
Che è: questa di leggere Blake&Mortimer a me ricorda quello che io ero e quello che io sognavo, mi ricorda come ero nella pre adolescenza. Ma il punto non è la memoria nostalgica, è il contrario: è la volontà di tenere accesso il layer di quello che ero da bambino o ragazzo. Non voglio abbandonare quello che volevo essere, e quello che amavo. Che bruttezza tradire i nostri sogni, i nostri desideri le nostre speranze di giovani.
Non v'è nulla di infantile nel mio amore per Blake&Mortimer, nulla di colto, nulla di edonistico ma il piacere intenso di continuare almeno un poco a vivere quella fase e continuare ad accettare la sfida dei nostri sogni e speranze anche nella vita adulta. Mica facile ma Blake&Mortimer mi sfidano.


E andiamo per ordine allora. Ho scoperto Blake Mortimer all'eta di 12 anni. Uscivo da una esperienza strana in un barbiere di Marina di Grosseto. Me ne ricordo bene, il barbiere (non so nei luoghi di mare era forse comune .. c'era stato da poco il caso di Ermanno Livorini a Viareggio) mi aggiustva continuamente l'asciugamano tra le gambe... La cosa era imbarazzante, ma come tutti i bambini non capivo bene le implicazioni, era solo fastidioso. Girai l'angolo ed entrai in un negozio di giornalaio. me lo ricordo come uno dei posti "assoluti". Nel negozio di giornalaio, su uno scaffale c'erano loro, I Classici dell'Audacia... nuovi.  E in copertina il professor Mortimer con una lanterna in una tomba egizia. Costava 250 lire, una cifretta.. forse quasi il triplo del Corriere dei Piccoli, ma il fascicolo emanava un'aura adulta, era bellissimo, con carta lucida e patinata. Lo comprai e poi comprai altri fascicoli che erano lì: capii dopo un poco che erano giacenze... perché il fascicolo era di due o tre anni prima...


Cominciai a sviluppare un grande interesse per i giornalai, per qualunque giornalaio. Ne ero sempre attratto per vedere se vi erano giacenze di altri fascicolo di Classici dell'Audacia che non avevo, ma ero comunque interessato di per sé. Il giornalaio mi sembrava (e ancora mi sembra) un luogo delle meraviglie in cui si ha uno sguardo caleidoscopico sul mondo e come sempre cerco di convincere altri.. ma non ho nessun amico con cui sono mai riuscito a condividere questa passione.


Finite le vacanze estive tornai a Roma con uno straordinario, incredibile strumento. Una bicicletta Bianchi 26 rossa con il cambio. Uno strumento di libertà inaudito, inaudito. Prima, arrivato  nell'inverno dalla Sicilia a Roma avevo organizzato con i miei amichetti undicenni gite a piedi a conoscere la città. All'Appia antica, a Piazza San silvestro... ma adesso con la bicicletta ero una sorta di Cristoforo Colombo, una cosa magnifica. Ancora strabiliato vedo i miei studenti arrivare in autobus e mi domando... ma come e la bicicletta? Ma lasciamo stare. Mia moglie ai nostri, dice eh si allora non c'era traffico. Un errore, Roma era un caos peggio di adesso.
Ma torniamo a noi, scorrazzando in bicicletta scoprii un altro luogo assolutamente mitico meraviglioso, incredibile. Una specie di antro delle meraviglie: era un carrettino di legno veramente piccolo che però aprendosi si allargava un poco che stava sotto le mura di San Giovanni. il baracchino gestito da una signora "giusta", né svenevole né arcigna, conteneva giornali, riviste, libri e fumetti usati! Fumetti usati,  fumetti usati! una cosa da non credere. 



Andandoci ogni sera alle 18:30 in bicicletta andavo a vedere se esistevano altri Classici dell'Audacia. E ogni tanto ne trovavo uno o due.. a cento lire. E a volte, incredibile incredibile anche cinque o sei..! Un tuffo al cuore. Così giorno dopo giorno completai la collezione di tutti i Classici dell'Audacia (che nel frattempo erano usciti di produzione). E di Blake&Mortimer lessi altre storie in particolare il famosi Marchio giallo e cercai di fare proseliti prestandogli agli amici che si appassionarono. Ma il primo fumetto della serie non usci mai in Italia.. era un mappattone di 200 pagine. Lo scoprii in francese solo moltissimi anni dopo, forse nel 1973, lo comprai e pensate un poco leggendolo in francese lo traducevo oralmente in italiano in un registratore cosicché il mio amico appassionato usando le cassette aveva un audio libro eravamo ormai nel 1973 credo.

Tutta questa cosa di Blake&Mortimer è rimasta un poco sopita per un cinque lustri sino a che miracolo dei miracoli usci nel 1996 un nuovo album.. Come un nuovo albm? L'autore era morto nel 1987. Ma invece ci fu una ripresa della serie! Ora mentre di norma queste riprese come dei film dei libri eccetera fanno schifo e uno pensa sempre ah l'originale..! la ripresa della serie di Blake&Mortimer è una vera e propria meraviglia per noi appassionati. Le storie sono bellissime, i disegni accurati in stile Jacob, l'edizione classica. il tutto è fatto ad un equipe a rotazione tanto che ogni anno o due ce la fanno a far uscire un nuovo album.
L'ultimo appunto è addirittura una sora di antefatto rispetto al mammarozzone "Il segreto dell'Espadon" spiega cosa era avvenuto prima.
Ogni tanto vorrei vedere i quadri di Van Giogh dopo che è morto, o le architetture di Giuseppe dopo che è morto sulle scale, o penso ad un seguito mai fatto di Amerzone, o chissà a cose di questo genere che però non succedono mai. Invece nel caso di Blake&Mortimer il miracolo è avvenuto: è ricominciato, è ricominciato ed è meglio di prima.
Questa ripresa è una delle cose belle della vita: fa pensare che esiste un progresso, che esiste un futuro che il nostro desiderio e sogno volontà di bambini non sempre viene tradito ma che un poco vale scommetterci. Con questo entuasiamo ho ripreso il mamarottone "Il secreto dell'Espadon" per rileggerlo. Ma alla decina pagina mi sono mezzo bloccato. Ok, Nino ok, basta infanzia adesso, hai delle responsabilità ora, devi scrivere di cose importanti, motivare i ragazzi laureandi e dottorandi, lavorare con i giovani di nITro, vivere il lavoro universitario insomma .... abbiamo capito, ma ora torna in te.

Tuesday, December 02, 2014

Post born. A New Generation of Digital Architects is Born

Preface by Antonino Saggio to "Plasma Works From Topological Geometries to Urban Landscaping" by Maria Elisabetta Bonafede, Edilstampa, Rome 2014  The IT Revolution in Architecture book series


Plasma Studio is the first group of architects who can be considered “post-born.” In fact, both of the two founding members – Eva Castro and Holger Kehne – as well as Ulla Hell are born between 1969 and 1973. This means that their generation studied architects such as Ben van Berkel, Jeff Kipnis, Greg Lynn, Patrick Schumacher, and others, and that they have been among the readers of the very first volumes of my series; they were not yet thirty in 1998. If the generation mentioned above is that which we have dubbed those “Born with the Computer” (see the book by C. Pongratz and M. Perbellini from 2000), the generation of Eva, Holger, and Ulla is the one that, having been students of the former, today consolidates, builds, and expands the digital paradigm and the computer revolution of architecture.
We have chosen Plasma Studio to begin this journey of the “post- born” because Plasma is certainly one of the most interesting realities, and because they represent situations typical of the new generation. The givens recurring today were unthinkable only twenty years ago. First of all, regarding the three partners. Two women – thus an absolute majority – and only one man. Who would have thought? Considering the composition of studies twenty-five years ago, and particularly who signed in competition, the difference is impressive. Today, women are the majority! Those who teach know how good female students and female architects are, and have been for many years.
Between Eva, Holger, and Ulla the diversity in characters is most remarkable, and particularly in the cultures of their origins. A springy Argentinian architect, a calm and reflective German, and a firm and serene Italian (I would like to say “Italian”, even if her accent cannot be considered Tuscan).
In addition there are three studios: one in Trentino-Alto Adige in Sesto where Ulla lives and works, one in London where Eva and Holger, among other things, teach at the Architectural Association, and one in China which follows the new front and important new projects in collaboration with Groundlab. Skype-on-the-go, naturally. If one recalls that in the days of those “Born with the Computer” the tablet, smart-phones, and Skype did not exist, and that indeed the first experiments of work interconnected by networks were objects of important academic research (see Information Architecture by Gerhard Schmitt from 1998), we realize how this new generation can do much more complex things. But it is not the technology in itself that is important, but rather the cultural leap. We must emphasize that, for the “post-born”, interconnection is not only a word, but reality! And it is a reality that crosses interpersonal modalities, friendships, relationships, and of course the outcomes and the very performativity of architecture. An architecture similar to this is, in itself, a computer model: an interactive architecture, parametric, continually changing, as we have written many times.
Eva, Holger, and Ulla are in the phase of the greatest acceleration of their lives: they have made an impetuous leap in the scale of their work, and at the same time they manage their affections, children, and relationships. Ulla has completed her own house. The work has been published by several specialized magazines (for instance, “Wohndesign”, from May 9, 2012), and on the cover of “Stern,” the prestigious German weekly. It escapes notice, however, because it was not one of our own weeklies to occupy itself with this beautiful house of Plasma in the Dolomites, and because Ulla is an Italian architect. In this context, we must insert the author of this volume. Elisabetta Bonafede has written a beautiful and interesting book, full of attention both to the general frameworks as well as to the specific circumstances of the projects. It is a very useful book for the reader to understand many aspects of Plasma Studio’s research. Bonafede enumerates them with precision, writing that:
The architects of Plasma Studio experiment in at least four directions:
  1. –  from the formal point of view, they use new geometries bent to non-Cartesian logic, faceted surfaces, and unpredictable games of broken lines, of concave
    and concave curves fraught with tension; 
  2. –  from the point of view of perception, they experiment with immersive
    emotional pathways, as well as intense and engaging multi-sensory
    experiences; 
  3. –  from the technical point of view, they study the application of unprecedented
    structural solutions that derive from the properties and generative forces
    intrinsic in various materials; 
  4. –  from the conceptual point of view, they explore the ability of the language of
    the electronic image to redefine architectural space, and the possibilities offered by the computer in rethinking the very concept of space. 
These are key points that are analyzed by the author with precision, using an illustrative toolkit chosen with care. In conclusion, I would like to point out two episodes that bind me particularly closely to Plasma.
The first is my remote definition of Re-building nature. I devised it while I was in America at Carnegie-Mellon University teaching right after September 11. For the students I had to establish the key principles of new urban planning, and number four was precisely Re-building nature. The idea was that the young generation of digital architects needed to contend with nature anew, not romantically as with Art Nouveau but as if to say “rebuilding” – Re- building precisely – a new hybrid nature that was half natural and half artificial, possibly systemic and intelligent, perhaps fractal, surely parametric and topological.
To discover that Holger today remembers this old story of mine gives me great pleasure, but even more pleasing is the fact that Plasma’s project in Xi’an, China seems to be exactly the construction of that idea. This is seen in its combination of natural and artificial aspects, in its both natural and architectural character, and in its creation of an intelligent cycling of water and waste. There are other projects with these characteristics, but there is no other project like Plasma’s Re-building nature in Xi’an. It is a realized paradigm, a shining example.
Finally I would like to say that I owe Gianluca Milesi for the introduction to Plasma. He invited us in Milan to Hangar Bicocca, a beautiful formerly-industrial space, in 2006. I believe that Plasma had just won, but not yet built, the Puerta America. They immediately seemed to me to be a span above many others of their generation. Years later, with the Gallery of Architecture “come se” in Rome we organized their first Italian exhibition, and in “On&Off” two pieces were published (see “l’Architetto Italiano,” numbers 18 and 31). Above all Eva, Holger, and little Ariel (Ulla could not come because she was at the end of her third pregnancy) stayed with us in Nitro SicilyLab for a week. We showed their exhibition at the gallery of the Paladini “Angelica&Orlando” of Gioiosa Marea. Eva did her conference with the little one on her knee, without even batting an eyelid.