Wednesday, October 22, 2008
A proposito di Uneternal Rome alla XI Biennale di Architettura
L’Arca e il suo direttore (vedi n. 240 Ottobre 08 pp 78-79), invitano AS a formulare un commento alla mostra "uneternal rome" alla 11º Biennale di architettura veneziana.
Wedge Roma. Roma cuneo
di Antonino Saggio
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Ho letto il testo del curatore. E’ veramente un testo strampalato! Fa pensare a quel celebre romanzo di Mark Twain (Innocents Abroad 1869) sul viaggiatore americano sbarcato in Europa che vede la storia e la civiltà con un occhio talmente ingenuo da risultare, alla fine, esilarante.
Già il titolo del testo “Spaghetti Palimpsest” la dice lunga. La tesi è che “Rome is sprawling as much as any city in the world. The only thing constraining it is its geography“ Certo - per Aaron Betsky - è indubitabile che un certo magnetismo i suoi monumenti (“The Vatican and the coliseum, the monument to Victor Emmanuel and the EUR, the Piazza del Popolo and the Piazza Navona” - messi in questo ordine, come fossero riquadri di una cartolina) lo esercitino. Però siccome l’unica realtà di Roma, come qualunque altra città di oggi è il disordine urbano dello sprawl e siccome ogni idea razionalizzatrice e di indirizzo è diventata da tempo politicamente scorretta, per il curatore l’unica cosa da fare è rappresentare o meglio: “riorganizzare le rappresentazioni”. (“Then we arrive at a simple realization: all that can be done is to rearrange representations. In so doing we will offer visions”.)
Molti degli architetti invitati, soprattutto quelli di provenienza olandese, offrono nuove rappresentazioni, usando tecniche già viste da anni come associare il numero delle telefonate dallo stadio quando c’è un evento mediatico a delle mappe urbane.
Questa forma di rappresentazione dei dati diventa una lente di lettura dei fenomeni territoriali che a volte determina bei disegni, raro è che porti a scelte forti e interessanti.
Devo dire che non tutti gli architetti invitati aderiscono completamente a questa impostazione di “riorganizzazione delle rappresentazione” suggerita da Betsky.
Gli studi romani, forse perché reduci alla mostra “Quindici Studi Romani” (all’Auditorium di Roma e alla Galleria “Come se”3/ 2008) mi avevano chiesto un parere sul lavoro espositivo che si accingevano a iniziare.
Cercando su internet avevano trovato poco su “Roma interrotta” (la mostra del 1978 ai mercati Traianei a cui, come tutti sanno, questa “uneternal Rome” alla biennale si ispira) e tra i pochi interventi recenti avevano visto una mia lunga relazione dal titolo “Roma ininterrotta” che avevo tenuto nel 2003 per un congresso scientifico sulla pianta del Nolli (The Studium Urbis, Allan Ceen,coordinatore). Il senso della mostra voluta da Giulio Carlo Argan “Roma interrotta” è storico, sostenevo. Infatti attraverso quella mostra si aprì un decennio nel quale il tema del “contesto” in generale, e della “città storica” in particolare diventò uno dei paradigmi fondamentali della ricerca architettonica. In quella fase gli architetti cercavano di capire come operare nelle smagliature della città già costruita, cominciavano ad essere convinti che la fase dell’espansione, insieme al modello di sviluppo industriale che l’aveva generata, era in crisi. Il confinamento arbitrario dentro la città storica disegnata dal Nolli nel XVIII secololo rappresentava una provocazione intellettuale, ma anche apriva la riflessione a un modus operandi che diventerà importante negli anni successivi. Non si dimentichi, tanto per fare un esempio, la grande stagione che inizia in quegli anni della ricostruzione dell’Iba berlinese e tutto il dibattito architettonico gravitante sul tema del contesto in chiave soprattutto revivalistica, ma anche concettuale (per esempio si ricorderà il progetto di Venezia Cannaregio di Peter Eisenman alla Biennale del 1978). Roma dunque attraverso la mostra “Roma interrotta” si poneva trenta anni fa a “punto di riferimento”, a laboratorio di un possibile rapporto con il già costruito e con la storia. E non a caso uno dei libri manifesto di questa idea, fu il fortunato volume Collage city.
Riflettevo con gli architetti romani invitati alla mostra della biennale di quella centralità di una idea di Roma nel 1978 e di quale potesse essere il valore esemplificativo e interessante anche per altre situazioni metropolitane mondiali della Roma oggi. Era quindi la mia una posizione esattamente opposta a quella del curatore. Betsky sostiene che Roma è uneternal (non è affatto eterna, unica, particolare) ed è in fondo come tutte le altre città, io credo e sostengo invece che molte città sono assolutamente uniche!, se si capiscono, e Roma e certamente una tra queste.
Ora, quale idea Roma può lanciare innanzitutto a se stessa e poi anche ad altre città, oggi, quale è una sua stimolante peculiarità?
In molte occasioni occasioni mi ero soffermato sull’origine etrusca di Roma, sul suo conservare nelle viscere della propria storia questa idea del matrimonio organico tra natura e architettura. Una idea, anzi una realtà (visto che le nuove scoperte archeologiche lo confermano) sul cuore etrusco e quindi “anti romano” di Roma. Roma non è affatto città romana, città fondata sulle regole geometriche e militari del castrum che domina natura e territorio. Roma è città che combina architettura e natura in un fare avvolgente, organico, stratificato e sezionale. Ed ecco perché di gran lunga la più affascinante esposizione alla mostra del 1978 fu l’opera di Paolo Portoghesi che proiettava il paesaggio etrusco laziale sulla città storica e da questa faceva nascere dei possibili organici disegni urbani.
Insomma ragionando con gli architetti emerse che una delle grandi particolarità di Roma. (altro che “riorganizzazione delle rappresentazioni”!), sono i grandi cunei verdi che entrano sino al cuore stesso della città seguendo le valli, i fiumi, i costoni tufacei del suo territorio vulcanico. Roma è città tra le più verdi del mondo, ma non solo, Roma vive questo rapporto tra natura, architettura, archeologia, storia e anche espansioni periferiche in maniera del tutto unico e rara!
Con questo tema - in gergo, i cunei - lasciai la riunione con gli architetti. Non volli partecipare alle riunioni successive con il curatore per non interferire e non sarei forse tornato sulla questione se il direttore de L’arca non mi avesse chiesto questo breve commento.
Oggi vedo gli esiti degli architetti in un dvd abbastanza completo. In alcuni riconosco la vitalità e lo sviluppo di quelle idee, applicate di volte in volta a sotto temi stimolanti. Per esempio, il concetto di attivazione dei margini di Claudia Clemente e Francesco Isidori Labics, il concetto di Arcipelago e di Ecovoids di Susanna Ferrini, Antonello Stella n! studio. Questo ultimo progetto, per esempio a me sembra offrire un’idea particolarmente interessante, e tutta di sostanza, su come combinare la particolarità urbana di Roma ai temi della sostenibilità e a quelli di un uso anche agricolo intensivo del suolo. Un insieme di temi che proprio da Roma potrebbero ripartire per influenzare il pensiero e l’azione di tante città nuove che stanno nascendo in giro per il mondo.
Antonino Saggio
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