Thursday, November 03, 2011

La scomparsa del prof. Antonino Terranova.

Antonino Terranova, direttore per molti anni del Dipartimento di Archtettura de la Sapienza è scomparso, improvvisamente, lo scorso venerdi.
Mi diceva ... ma quanto sei zeviano... e gli rispondevo ... ma quanto sei quaroniano. La sua apertura e curiosità intellettuale e la sua cultura erano d'eccezione, la sua produzione molto estesa. Forse nell'incrocio di saperi della rivista "Gomorra" si segnala uno dei punti più fecondi del suo lavoro.



Ho riletto oggi la recensione ad un libro "diverso" (Roma a_venire. Progetti per una città dell'informazione e della storia viva, Aracne Roma 2008). Rileggendo il suo scritto ho notato con quanta intelligenza critica aveva individuato alcuni aspetti del mio lavoro, aspetti a cui non avevo mai pensato nei termini in cui lui li aveva posti ("Direi che l’architettura per lui non è un obbiettivo ma uno strumento, di conoscenza e di espressione...").  Lo ringraziai allora, lo ringrazio oggi con molta tristezza.

"Esplorazioni Concettuali"
di Antonino Terranova

Invidiabile il concetto esplicitato nell’indice: si prendono dieci situazioni compatibili con il prg di Roma, si identificano dieci potenziali trasformazioni di tono metropolitano, si individuano dieci (e più) realizzazioni internazionali confacenti, utili sia ad accreditare la possibilità della trasformazione sia a prescegliere appropriate coloriture linguistico-spaziali, si sperimentano progettazioni esplorative e sperimentali analoghe, si ripropongono insieme i dieci (e più) progetti come proposte di aggiornamento insieme di una progettabilità urbanistico-architettonica di Roma e di una ibridata nuova configurazione concettuale dell’architettura urbanistica che si invera nel paesaggismo e nelle sue credo produttive ambiguità.

Per Antonino Saggio l’architettura non si pone come esercizio applicativo di categorie architettoniche stabilite o razionalmente evolutive ma come esplorazione categoriale di interesse prioritariamente concettuale, direi teorico se non sfuggisse sempre negli inoltre di una sovrarazionalità ora iperscientifica ora coscienziale.
Direi che l’architettura per lui non è un obbiettivo ma uno strumento, di conoscenza e di espressione, se non temessi l’orgoglio indiscutibile dell’architetto.
Antonino Saggio si avventura con esplorazioni progettuali e teoriche insieme su quel terreno, sul cui bordo spesso le nostre analisi e progettazioni si fermano con troppa prudenza, nel quale il progetto di architettura si arricchisce di valenza urbana e in quanto tale si confronta con una possibilitò e opportunità di strategia della trasformazione architettonica della città.
Saltando ogni mediazione procedurale o metodologica, cogliendo al balzo le occasioni progettuali offerte dal piano regolatore generale, occasioni senza cogliere le quali lo stesso lavoro urbanistico rischia continuamente di risolversi in sequenzialità normative e realizzative senza carica di innovazione adeguata alla stessa prospettiva metropolitana introdotta dal piano nelle sue generalità.
Soltanto nella dialettica tra strategie pianificatorie, estese e di contenuto multidisciplinare, e la spazializzazione tridimensionale e insieme espressiva propria dell’architettura, soltanto lì si possono esaltare davvero reciprocamente le dimensioni dell’urbano modernocontemporaneo.
Roma a_venire cerca insieme nuove idee di città e nuove idee di architettura della città, direi, se quelle stesse parole non fossero inadeguate per chi ritenga che insieme si possano e debbano innovare le parole e le cose, l’architettura e la città, le strutture edificatorie e i paesaggi.
Antonino Saggio pratica il progetto di architettura, ma lui parla di urbanscape un po’ come la Giuliana Bruno parla molto diversamente di architexture, come di una occasione di reperimento di nuove categorialità, o transcategorialità, mediante le quali una architettura all’altezza dei tempi incorpori sormontandole antropologie e sociologie altrimenti rischiose in un ottimistico futuribile elettronico informativo comunicazionale però carico di valenze semantiche.
Ci invita ad assumercene i rischi, mentre lui per primo se li assume tutti scommettendo su figure dell’architettura all’altezza delle nuove forme del sapere e del sentire.
Operatività è la parola che risponde appropriatamente alla crescente esigenza di oltrepassare il piano-progetto di carta con azioni progettuali nevralgiche in tempo reale, centrate su attività metropolitane da tempo altrove in esercizio da tempo.
Si potrebbe esemplificare qui con uno o due dei luoghi-occasione, ma è limitativo. La scelta più coraggiosa ed utopicamente promettente consiste proprio nel dispositivo d’insieme offerto come una provocazione alla Roma addormentata eternamente e di recente ulteriormente intorpidita dalla ragnatela di normazioni e previsioni di carta.

Scelte dieci occasioni strategicamente prioritarie, si potrebbe e dovrebbe rompere la sequenzialità pianificatoria in definitiva vincolistico-passiva quanto generale-vasta, e lasciare irrompere come in tutte le belle città (d’europa, perfino) le azioni, mobilitandosi subito per identificare le convenienze e gli interessi, i bisogni i desideri i sogni; insomma…rovesciare i processi, ripartire dalle scelte decisive.
Non vorrei sembrare semplicistico, ma di complicazione passata per complessità si può morire. Ormai abbiamo le prove…la scommessa che ci accomuna è questa, che l’architettura ridefinita possa anziché delegare assumersi la complessità. Roma a venire ne ha urgente bisogno. Anche con questi crepuscolari chiari di luna.
Antonino Terranova, "Esplorazioni Concettuali"
Pubblicato nell'Annale 2009 del DiaR "BluPrint" Roma Paesaggi Metropolitani pp.286-287

La foto è di A. Santamaria, Diap, Roma

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