di Zvi Hecker Architetto Berlino
L'architetto Zvi Hecker ha preso alcuni giorni fa una posizione molto decisa sulla crisi economica mondiale ricordandone le responsabilità anche da parte della cultura architettonica contemporanea. Mi ha fornito gentilmente la versione italiana del suo intervento che qui rendiamo pubblica. In questa occasione ricordiamo la Monografia che gli ha dedicato Rudolf Klein nella collana Gli Architetti e riproponiamo anche la Prefazione di as che non è mai stata pubblicata sul web. >>
Il progressivo sviluppo della crisi economica a livello mondiale non compromette soltanto il generale benessere di ogni individuo e della società, ma è destinato a produrre uno spostamento radicale della nostra sensibilità estetica.
Colti impreparati dal crollo delle borse e dalla profonda difficoltà in cui versano gli organismi finanziari, non dovremmo però sorprenderci per il sempre più visibile declino etico e morale che ha per primo generato questa crisi economica.
L’erosione dei principi etico - morali causata da una svalutazione della responsabilità personale e dalla sostanziale istituzionalizzazione dell’ingiustizia e ineguaglianza sociale potrebbe rivelarsi più distruttiva di un’azione militare. Le lapidi della Storia rivelano i nomi di svariate potenze militari che hanno fatto la loro comparsa e si sono successivamente eclissate insieme alle loro strutture politiche, talvolta ancor prima che le proprie legioni raggiungessero il campo di battaglia. Ricostruire quei fondamenti etici e morali che sono stati minati nella odierna crisi economica sarà più impegnativo e richiederà più tempo di quanto ne sia occorso per stimolare l’appetito verso il consumismo, sponsorizzato dal capitale e guidato dal principio della paura.
L’Architettura, nel suo interesse per la condizione umana, rappresenta parte integrante del panorama economico. Per questo non può essere separata dalla dimensione etica e morale insita in questa crisi economica, e nemmeno può ritenersi immune nei confronti della recessione economica e dall’affacciarsi di una nuova prospettiva estetica.
Per più di un decennio l’architettura ha risucchiato risorse finanziare, in qualche modo astratte e a buon mercato, destinate ad alimentare un eccesso edilizio, collassato nei mutui sub-prime.
Progetti astratti si sono solidificati in forma Architettonica, e, sponsorizzati dalle borse e dal mercato petrolifero, si sono insediati in ambiti di profonda ingiustizia sociale e si sono sviluppati spesso senza considerazione per il loro impatto ambientale. Il mercato immobiliare, travestito da Architettura, falsamente avvolto da un manto di sostenibilità, si è rivelato un terreno fruttuoso per del capitale in eccesso, assorbendo nelle sue geometrie sempre più contorte, denaro che avrebbe potuto essere investito in altri modi.
Più oscuri e irresponsabili a livello ambientale gli investimenti finanziari, più eccessiva la loro espressione Architettonica. Nella sua versione estrema la sola presenza di una Architettura è diventata la sua una funzione, proprio come la crescita gonfiata del mercato finanziario ha costituito la sua unica raison d’être.
L’Architettura, come del resto il mondo intero, ha voltato lo sguardo dal problema della povertà e dai conflitti del pianeta. Ugualmente indifferente all’etica, l’Architettura ha preferito glorificare la potenza e il fervore dei giochi di prestigio finanziari. Avvolta in strati di orpelli, glamour e ornamentali, ha mascherato la sua genesi narcisistica.
Stranamente questa Architettura autoreferenziale di irrisoria profondità concettuale è stata a lungo considerata l’evidenza dello sfaccettato talento dell’Architetto. Inibito a lungo dell’esprimere il proprio talento, questo esperto intraprendente ha risposto con voracità alle richieste di colonizzazione d’oltreoceano di abbellire regimi repressivi con consunte immagini architettoniche. Ossessionata soltanto dalla massiva visibilità, l’Architettura si è affidata alla visione dell’”Architetto come Artista”, tenuto a rendere conto solo alle proprie inspirazioni e desideri, “Architetto come Designer”, occupato nella creazione di abiti, collezioni di moda, portacenere e borsette da viaggio, “Architetto come Intrattenitore”, che mette in scena spettacoli pseudo intellettuali.
Senza più bisogno di seguire le regole della logica, coerenza e chiarezza dei piani, l’”Architetto come Architetto” è presto diventato irrilevante. Ecco perché negli ultimi anni così pochi progetti veramente innovativi sono apparsi, concernenti il vero cuore dell’Architettura: soluzioni per housing, pianificazione urbana, integrazione degli emarginati sociali, temi che sono stati la base del Movimento Moderno.
Senza motivi per innovare e sperimentare, l’Architetto si è cullato nell’opera di generazioni precedenti, in una forma di parassitismo. Vecchi schemi architettonici e piani rispolverati sono stati tranquillamente riciclati e rivestiti di differenti materiali, il vetro in prima posizione. Per amplificare la sua attrattiva, facciate vetrate sono state pubblicizzate come soluzioni sostenibili e compatibili con l’ambiente. Fortemente dipendenti da processi sofisticati e high-tech nel loro funzionamento e mantenimento, con questi slogan ecologici hanno sfuggito verifiche e opposizioni.
D’altronde, paradossalmente, questa Architettura in vetro ha trovato il suo partner-vittima nel mondo della finanza e del business internazionale. Nel suo appellarsi al valore della trasparenza, l’Architettura in vetro ha provveduto al consenso e ha fornito il miglior alibi per i loschi affari che ha racchiuso così elegantemente. In questa crisi l’alibi del vetro potrebbe non sopravvivere, e rivelarsi insufficiente a recuperare la fiducia persa nelle manovre del commercio.
Anche Berlino, non ancora preda dell’isteria dello sviluppo capitalista, ha alla fine ceduto alle pressioni storiciste, volte alla promozione di una nostalgia architettonica, invece che rivalutare l’eredità del modernismo radicale che la città ha ospitato con orgoglio. La genealogia pseudo aristocratica di Berlino sarà ripristinata nella costruzione della falsa facciata del Berliner Stadtschloss del XVIII secolo. La replica del castello, di non particolare interesse architettonico già all’epoca, diventerà una farsa. È ironico che la Berlino contemporanea non sia in grado di distinguere fra un recupero stilistico e vera originalità, escludendo la possibilità che un eventuale capolavoro venga riconosciuto e accolto favorevolmente.
Essenzialmente, ogni crisi economica non solo apre una rottura con il passato prossimo, ma è l’occasione di un notevole cambiamento, un’opportunità per andare oltre lo status quo e lasciare un’impronta del proprio tempo.
La crisi del `29 e la Grande Depressione che seguì è stata una forte spinta che ha fatto tabula rasa degli ornamenti del classicismo di tardo ‘800. Bianca, semplice, senza decorazioni, l’Architettura che ne risultò fu una chiara rottura con il passato e una totale negazione con ciò che andava a sostituire.
Le radici basilari di queste due crisi, nonostante gli 80 anni che le separano, germinano da un terreno contaminato dalla disonestà in cui le istituzioni finanziarie sono cadute.
Sarà necessario un approccio etico-morale per rimettere in moto la creatività messa a tacere da questa decadenza generale. Seguirà un cambiamento della nostra percezione estetica.
L’inevitabile rallentamento dell’edilizia e l’apparire di un diverso approccio estetico costituiranno un terreno fertile per la nascita di idee nuove. Queste saranno pensate, sviluppate e codificate, proprio come note musicali, per mezzo dei disegni architettonici, costruite anni più tardi, quando l’economia si risolleverà.
La forma architettonica è l’immagine riflessa dell’idea che è insita nella pianta. La gerarchia della scala umana è la sua misura, e la chiarezza delle intenzioni è la sua bellezza. Unisce necessità e sogni in sensibilità estetiche sempre nuove. Questo dualismo inseparabile è ciò che fa dell’Architettura un mestiere così profondo.
Secoli di dedizione creativa e il manifestarsi di nuove idee hanno generato una ricca tradizione architettonica. Questa eredità è consegnata a noi a condizione che la nostra generazione la arricchisca e ne allarghi gli orizzonti.
Nel nostro mondo in continuo mutamento, l’eterno valore dell’Architettura risiede nel suo insito idealismo e nella sua responsabilità nell’alleviare l’essenza della condizione umana. Nuove idee sono il solo strumento adatto a questo scopo.
Architecture is a human art, never humane enough.
Zvi Hecker
Gennaio 2009
(Tradotto dall’inglese da Marco Capitanio)
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