Saturday, July 27, 2019

Riflessione politica a partire dall’arte e da un piccolo fatto.


Ieri sera ho voluto percorrere la statale 113 - la settentrionale sicula che collega Messina a Palermo - riaperta finalmente dopo i lavori dell’Anas che hanno rafforzato il porticato copri massi poco prima del tunnel di Calavà. Ho scattato uno foto e l’ho postata circa alle 23 per condividere l’evento, ma perfidamente senza alcun commento. Anzi, aggiungendone uno che diceva “Come sempre: una immagine enigmatica divide il mondo in due.”



Ho ricevuto quattro like (pochissimi anche se l’ora era tarda) ed un commento “Calava’ ... la galleria?”, naturalmente esatto. Ora tutta la questione apparentemente cosi banale, non lo è affatto.

L’immagine “incomprensibile” alla stragrande maggioranza, ma molto importante solo per chi era in grado di decifrarla è alla base del lavoro delle avanguardie artistiche del Novecento. 
Le avanguardie artistiche infatti si pongono in maniera elitaria per propria natura! 

Usiamo il famoso orinatoio di Marcel Duchamp* come esempio.  Se viene pubblicata la famosa immagine chi osserva e sa, dirà “Ma è l’orinatoio Dada di Duchamp!” Ma se non lo sa (ed è la stragrande maggioranza) dirà: “È un cesso!” 



"Ma non è un cesso", si potrà ben sostenere sulla base della lettura di migliaia di pagine a stampa, ma non importa, per tutti gli altri rimane un cesso! 

A ben riflettere questo discorso si può estendere in politica.... Da una parte c’è chi urla “È un cesso, è un cesso toglietelo di mezzo, è un cesso”, mentre gli altri si sforzano di far capire tutto “il discorso” esponendosi ai frizzi, ai lazzi, agli insulti.

Ora il problema è che senza discorso siamo morti dentro e per capire il discorso.. i suoi stessi limiti, le sue ironie, il suo senso, il processo è lungo, complicato, costoso pieno di insidie e di trappole. Si chiama educazione, acculturazione, e soprattutto sviluppo di una capacità critica.

Andiamo avanti ed estremizziamo. Usiamo una parola, “strana”, per esempio “ctonio”**. Molti sanno che dietro una parola strana si nasconde un mondo: concetti, cose da sapere, idee. La stragrande maggioranza davanti ad una parola strana si comporta come con “il cesso”. E un cesso a che serve?, Perché non parli facile?. Un’altra parte, sa cosa vuol dire e conosce la regola dell’economia del linguaggio (per cui a volte dobbiamo usare formule matematiche condensate cioè parole difficili), ma vi è un gruppo prezioso, quello dei curiosi. Che non capiscono la parola strana, ma sono curiosi, cercano di capire. Sentono che dentro una parola di cui non si sa il senso, vi è un vero pozzo di scoperte e di tesori (che ben funziona per ctonio, giusto?)



Lavorare su questa contraddizione tra un significato facile ed uno difficile da scoprire è la tecnica usata da un grande genio del Novecento, René Magritte. Magritte capisce il limite elitario delle avanguardie artistiche e allora inventa un doppio livello. Da una parte fa un quadro realistico (che tutti capicono), per esempio di una pipa. Poi però vi scrive “Questa non è una pipa”. Determina cosi un corto circuito che dovrebbe spingere il curioso a cercar di capire. A vedere oltre.

Mi domando veramente in una fase in cui stravince nei sondaggi, la stragrande maggioranza per la quale “il cesso” è solo un cesso e che la parola “ ctonio“ è bollata come inutile, che cosa possiamo fare. Certo da una parte bisogna non distruggere sistematicamente le fonti di educazione. Questo è naturale, ma forse c’è uno spazio per un parlare di cose difficili con un linguaggio a volte piano e soprattutto stimolare sempre la curiosità. Penso a Don Milani, per esempio. Possiamo spingere la necessità della curiosità? Può essere un antidoto? 

Note



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